BAGNO A RIPOLI – Quando poco prima delle 18 di giovedì 19 ottobre nell’aula 30 della Corte d’Appello di Firenze viene letta la sentenza, bastano 10 secondi, il tempo di pronunciare “il ricorso viene respinto”, per tirare un sospiro di sollievo.
Per quanto di sollievo si possa parlare, in una vicenda penosa come quella della morte di Riccardo Magherini, che ferì tutta Firenze in una notte di marzo di tre anni fa.
Quattro i carabinieri imputati e poi condannati, tre i volontari della Croce Rossa italiana, tutti nel comitato di Firenze, assolti in primo grado.
Per loro quella notte ebbe un effetto deflagrante: Maurizio morì un anno dopo in un incidente stradale. Janeta e Claudia rimasero volontarie ma in Comitati diversi: la prima si è trasferita da due anni al comitato di Bagno Ripoli, la seconda è rimasta a Firenze.
Una ragazza forte Janeta, capace di impegnarsi in ogni tipo di servizio a beneficio della popolazione.
E coraggiosa anche, nel non cercare mai di nascondere la tragica vicenda in cui è rimasta coinvolta, roba che avrebbe tolto la voglia di salire su un’ambulanza alla maggior parte delle persone.
Lei ha scelto invece di non cedere e, pur con qualche momento difficile, proseguire la sua attività di volontariato.
Il momento più basso lo ebbe sicuramente lo scorso 15 maggio, quando con una inconsueta istanza il Procuratore Generale di Firenze Luigi Bocciolini decise di ricorrere in appello contro la prima sentenza di assoluzione verso le due volontarie, assoluzione che lui stesso aveva chiesto due anni prima, quando era ancora sostituto procuratore. In pratica, fece appello contro se stesso.
Fino ad arrivare al 19 ottobre, quando le arringhe dei legali delle varie parte presenti in aula hanno ricomposto più che chiaramente una situazione in cui i volontari della Croce Rossa sono capitati al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Se ci sono responsabilità nella morte di Riccardo, non sono da ascrivere a loro, come ha più volte peraltro riconosciuto la stessa famiglia Magherini che, dopo una comprensibile diffidenza iniziale, ha in questi tristi anni stabilito un rapporto sereno e di reciproco rispetto con l’associazione che quella sera intervenne con il solo intento di salvare la vita al loro figlio.
Pur nella tristezza di una vita interrotta a soli quarant’anni, la sentenza scritta il 19 ottobre è importante per Janeta, Claudia e Maurizio, ma anche per l’intero mondo del volontariato al quale vengono restituiti una tutela e un credito che negli ultimi mesi di dibattimento erano divenuti poco più che merce di scambio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA