PONTE A NICCHERI (BAGNO A RIPOLI) – Ancora una volta l'attività dell'ospedale santa Maria Annunziata (OSMA) di Ponte a Niccheri nel mirino dei Cobas.
Che parlano, per bocca di Andrea Calò (delegato sindacale Cobas Rsu Asl Firenze) di "caos all’OSMA".
"L’azienda – spiega il sindacato autonomo – taglia i posti letto della chirurgia dell’elezione senza pensare a dove collocherà gli accessi chirurgici del Dea che hanno bisogno di ricoveri. Inoltre trasforma la medicina d’urgenza in un nuovo reparto denominato OBI, trasformando la destinazione dei vari posti letto senza dotare gli infermieri e operatori sanitari di idonei strumenti operativi assistenziali per affrontare in sicurezza le varie tipologie di pazienti che dovranno essere accolti. Nel frattempo i pazienti chirurgici che hanno bisogno di ricovero vengono allocati nelle medicine alla stregua di pacchi postali, questo in barba al decoro all’appropriatezza e al rispetto della dignità della persona".
La protesta, sostiene Calò è "a nome degli operatori sanitari della medicina d’urgenza all’OSMA per la modalità con la quale l’Asl di Firenze ha improvvisamente trasformato il reparto da degenza breve a OBI (Osservazione Breve Intensiva) e quindi trasformando la destinazione dei vari posti letto senza dotare di idonei strumenti operativi i lavoratori a fronte di un cambio di pazienti da assistere".
"Questa trasformazione – accusa – è avvenuta a metà ottobre con la solita modalità autoritaria, frettolosa e poco trasparente e senza che gli operatori avessero avuto il tempo di prepararsi a queste modifiche organizzative nell’assetto del reparto (che è ubicato al quinto piano dell’ospedale) e lavora in stretta correlazione con il pronto soccorso/Dea".
"Per fare questa OBI – dice ironico Calò – che non è la nota catena di bricolage fai da te, l’azienda avrebbe dovuto predisporre la necessaria valutazione dei rischi prevista quando intervengono modifiche significative nei processi produttivi, questo per valutare se le norme di prevenzione e sicurezza vengono rispettate".
"Dei 20 posti letto del vecchio reparto – prosegue – con l’inaugurazione in fetta e furia dell’OBI ne è venuta fuori quanto segue: 4 posti letto di sub intensiva, 9 di osservazione breve intensiva di PS/DEA, e 7 di cardiologia utilizzati prevalentemente per procedure diagnostiche cardiologiche (coronarografie, impianti di place marker) durante la settimana".
"Spesso però – rimarca – questi 7 letto rimangono liberi al fine settimana poiché la sala cardiologica lavoro su cinque giorni per attività di routine e i sabati e le domeniche per l’emergenze".
"L’azienda – accusa – avendo chiuso all’Annunziata tutti i posti letto della chirurgia d’elezione ha fatto mancare i posti letto per gli accessi chirurgici in Dea, di conseguenza le direzioni hanno pensato bene di autorizzare i ricoveri dei pazienti chirurgici e ortopedici nelle medicine, alla faccia dell’appropriatezza e della promiscuità".
"Oltre al taglio dei posti letto nella chirurgia – sottolinea ancora Calò – che è una politica che non condividiamo, avrebbero dovuto pensare come sistemare, accogliere e assistere le persone/pazienti che una volta operate hanno bisogno di un posto letto appropriato. E non “schiaffarle” come pacchi postali nei posti vuoti delle medicine".
"Ma quello che ha fatto scoppiare le “scintille” – racconta Calò – è che il personale infermieristico e operatori sanitari dell’ex Medicina d’urgenza diventata OBI si è trovato a dover assistere pazienti post-operatori delle chirurgie, dell’urologia, della cardiologia e del Dea senza che le direzioni (sanitaria e infermieristica) gli avesse dotato formalmente di protocolli e procedure assistenziali dei post-operatori. L’assurdo è che per i pazienti dell’OBI gli infermieri lavorano con un programma informatico assistenziale che è quello adottato da tutti i Ps/Dea aziendali mentre per gli altri pazienti viene utilizzato un altro programma informatico assistenziale Argos".
"Questa doppia modalità – spiega ancora – in una situazione di criticità e complessità data dal reparto, costringe gli operatori sanitari ad applicare due programmi di informatica assistenziale ben diversi tra di loro esponendo così gli infermieri e operatori sanitari a rischio clinico assistenziale poiché le possibilità di errore possono aumentare laddove non siano stati dati, come in questo caso, idonei strumenti operativi".
"E’ chiaro – conclude – che questa approssimatezza e superficialità dell’organizzazione, dove gli operatori lavorano in emergenza e su pazienti operati non può continuare, gli infermieri e operatori sanitari devono lavorare in sicurezza con procedure e programmi assistenziali idonei ad affrontare tutte le problematiche mentre i pazienti devono ricevere la giusta accoglienza, il dovuto decoro e non l’inaccettabile promiscuità di adesso".
di Redazione
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