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venerdì 20 Settembre 2024
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    L’avventura di Ettore Manetti, cuore grassinese “trapiantato” a Singapore

    Trent'anni, dopo uno stage ha deciso di tentare l'avventura: vive e lavora in Oriente da oltre un anno

    GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – Oltre 12 ore di volo, più di 10.000 km di distanza e 7 ore di fuso orario nel mezzo dividono Grassina da Singapore, più precisamente e ufficialmente Repubblica di Singapore. Dal vino all’olio del nostro Chianti alle startups più moderne dell’estremo sud-est asiatico

     

    Ed è proprio qui che il trentenne Ettore Manetti, grassinese doc da generazioni con la sua indelebile fede rosso-verde, ha deciso un anno fa di trasferirsi salendo sul treno delle opportunità lavorative (e non solo), lanciandosi nell’affascinante avventura di scoprire il mondo.

     

    Un bravissimo ragazzo (anche se lui si imbarazza quando gli viene detto) che ha voluto provare a conquistare un piccolo spazio in una delle principali città del mondo, quarto centro finanziario della terra.

     

    Noi del Gazzettino del Chianti, che ci confida seguire ogni giorno attentamente tramite la rete, lo abbiamo raggiunto per sentire… come se la passa.

     

    “Ma io non sto facendo niente di eccezionale – esordisce ridendo – Sei anni fa venni qui per la prima volta, non sapendo neanche dove si trovasse esattamente Singapore. Feci uno stage di tre mesi per l’istituto del commercio estero e conobbi un mondo. Tornato a casa avevo accumulato in breve tempo un bagaglio d’esperienza  tale da convincermi che sarei dovuto tornare per migliorarlo. Adesso sono qui già di un anno e tre mesi”.

     

    Questa esattezza del tempo trascorso ci fa capire che in fondo in fondo un po’ Grassina gli manca: “Sinceramente mi piacerebbe poter fare quello che faccio qui a Firenze, ma anche a Milano. Io non sono uno che ha lasciato l’Italia criticandola, abbandonandola e dicendo non tornerò mai più, assolutamente".

     

    "Il mio tipo di lavoro – racconta – forse tra un anno sarà presente anche sul nostro territorio, ma per adesso meglio per me restare. Qualche tempo fa consultavo un portale italiano per le offerte di lavoro e su Milano trovai che cercavano solo una figura simile alla mia. Per tornare dovrò ben organizzarmi e pensare a cosa potrò trovare”.

     

    Ed effettivamente non possiamo dargli torto. A Singapore ci ha spiegato si occupa di disegnare le interfacce delle applicazioni per una società finanziaria, materia ancora ostica per tanti qui da noi ma di cui lui parla con sicurezza.

     

    Lavora insieme a un team di altri giovani colleghi provenienti da ogni parte del mondo, e appartenenti a tante religioni diverse.

     

    In una realtà multietnica e sviluppata verticalmente, dove il lavoro non manca, la vita è  tranquilla, tutto funziona ordinatamente e… le code vengono rispettate.

     

    Ettore onestamente ci confessa: “Sto bene, faccio un lavoro che ho scelto e mi piace ma tante cose mi mancano. Gli affetti, gli amici, il paesaggio, la solarità e la spontaneità delle persone, la naturalezza nell’esternare le emozioni nei rapporti".

     

    Poi viene fuori la sua anima… paesana: "Il senso di aggregazione che viene fuori durante la Festa delle Contrade di Grassina o anche solo uscire e frequentare posti tipo la casa del popolo o l’Acli. O vedersi in piazza. Qui, per queste cose, tutto è fondamentalmente diverso”.

     

    Un mondo definito liquido per la sua inconsistenza materiale, ipertecnologico, che negli ultimi anni ha conosciuto un'ulteriore impennata economica.

     

    “Le innovazioni – racconta Ettore – corrono talmente veloci che non c’è neanche il tempo per fare i corsi di studio relativi. Però dalle società viene data la possibilità di dimostrare quello che sai fare. E’ molto gratificante, non posso che consigliare sinceramente ai ragazzi che se la sentono di fare una esperienza all’estero. Non necessariamente solo qui naturalmente”.

     

    Una full immersion, la sua, che permette di crescere imparando oltretutto (per davvero) l'inglese. Con comprensibile orgoglio ci racconta che proprio in questi giorni lui e i suoi colleghi hanno saputo che la società per cui lavorano è tra le settanta finaliste (su oltre millenovecento partecipanti) di una competizione internazionale, il Citi Mobile Challenge, aperta a sviluppatori di startups di tutto il mondo e finalizzata alla creazione di nuove piattaforme digitali per le banche.

     

    Difficile addentrarsi ulteriormente nel tema, però ne condividiamo totalmente la soddisfazione che sentiamo dalla sua voce.

     

    Se poi tutto questo è affrontato con una compagna al fianco crediamo che possa essere ancora meglio: “Sì la mia ragazza è di Singapore e stiamo insieme da diversi anni.E pensare che sarebbe voluta venire lei a stare in Italia… affascinata dalle nostre bellezze e dal calore delle persone. Invece per un po’ ancora ce ne stiamo qui”.

     

    Parlare con lui ce lo ha fatto sentire un po’ più vicino, anche se da noi era l’ora di pranzo e da lui già buio. E di questa facilità rendiamo merito alle nuove tecnologie arrivate a livelli di eccellenza perché studiate e portate avanti anche da giovani talenti come Ettore.

     

    Nonostante la lontananza ci stupisce di quanto riesca ad essere comunque aggiornato e presente nella realtà grassinese: “Diciamo che potrei competere nella corsa a personaggio chiantigiano dell’anno 2015, facendo concorrenza al mio amico Feysal Bonciani!” conclude scherzando.

     

    Con un pizzico di malinconia ci salutiamo e chiudiamo il collegamento: a presto Ettore. Speriamo.

    di Silvia Rabatti

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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