BAGNO A RIPOLI – C'è chi negli ambienti della cronaca giudiziaria chiamava Mario Spezi (scomparso nella notte tra l'8 e il 9 settembre) il "mostrologo". Fu lui d'altronde a dare la denominazione di “mostro” al maniaco delle coppie, otto duplici omicidi avvenuti nella provincia di Firenze.
Suo il suo primo libro che si occupava del caso dal titolo “Il Mostro di Firenze” (edizione Sonzogno) scritto nel 1983, dunque mancante di altri tre omicidi, ma Spezi non escludeva già allora che non sarebbero stati gli ultimi, tanto che nel capitolo finale del libro scriveva “Il Mostro colpirà ancora”. Purtroppo aveva ragione.
Nel 2006 scrive con Douglas Preston reporter e autore di thriller “Dolci colline di sangue” (Sonzogno Editore). Se da una parte il libro ha avuto un notevole successo, tra l’altro tradotto negli Stati Uniti con il titolo “The monster of Florence” dove divenne un caso letterario, a cinque giorni dall’uscita in libreria, esattamente il 7 aprile 2006, si presenta alla porta di casa di Mario Spezi la polizia, portandolo via. Scontò ventitré giorni nel carcere Capanne a una ventina di chilometri da Perugia, sei dei quali in isolamento.
L’accusa era di “tentata interruzione di pubblico servizio” per avere cercato di depistare le indagini sugli omicidi commessi dal 1968 al 1985. La stessa sorte sarebbe toccata anche a Douglas Preston solo che appena sentì “puzza di bruciato” Preston lasciò precipitosamente l’Italia. La Cassazione in seguito scagionò Spezi definendo l’arresto privo di fondamento.
Ebbe la forza e la voglia di raccontare quei giorni scrivendo ancora un libro dal titolo “Inviato in galera. Un giornalista in manette” (Aliberti editore). Da allora la sua vita non fu più la stessa. A “proteggerlo” nei giorni difficili e sempre al suo fianco la moglie Myriam, oltre all’affetto della figlia Eleonora, cercò di distrarsi facendo alcune mostre su quello che era il suo hobby, disegnare vignette, alcune delle quali pubblicate anche su quotidiani.
Mario Spezi non ha mai creduto che il mostro o i mostri, potevano essere i “compagni di merende”, tra l’altro fu lui ad avere dubbi sulla data di morte dell’ultima coppia dei francesi uccisi agli Scopeti, nel comune di San Casciano in Val di Pesa, ipotesi scientifica che oggi il reporter e documentarista Paolo Cochi ha riportato in evidenza grazie alla sua inchiesta sulle larve di mosche rinvenute sui cadaveri dei francesi uccisi nel 1985, che secondo esperti di entomologia forense sposterebbero l’ultimo delitto a 24 ore prima rispetto a quanto rivelato all’epoca. Per Spezi la pista da seguire era quella dei sardi.
di Antonio Taddei
© RIPRODUZIONE RISERVATA