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giovedì 18 Aprile 2024
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    Storie di eroismo nella notte dell’alluvione di Grassina: come quella di Nicola, che ha salvato Emanuela

    Il racconto di quei minuti terribili in via Pian di Grassina 98. L'acqua e il fango che invadono la casa, la gamba che rimane bloccata, l'acqua che sale rapidamente. Poi arriva lui...

    GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – Via via che i giorni passano, che la melma e i detriti vengono faticosamente portati via grazie all’impegno e al lavoro di centinaia di persone, da Grassina, vero epicentro dell’alluvione di Ferragosto, arrivano storie e racconti di una notte terribile.

    Storie (anche) di eroismo. Di persone che hanno messo gli altri davanti a loro stesse. Riuscendo a fare qualcosa di straordinario durante un evento terribile.

    A raccontarla una di queste storie è Cristiana Petrioli: “È proprio vero – dice – che gli eroi sono tra noi e si presentano nel momento del bisogno. Così è stato la sera del 15 agosto, quando Grassina è stata colpita da una violenta bomba d’acqua”.

    Racconta quanto accaduto perché, dice, “vorrei che tutti venissero a conoscenza di ciò che è successo in una casa di Bubè e quanto è stato eroico Nicola Presciutti“.

    “In via Pian di Grassina al civico 98 – dice – l’acqua e il fango, provenienti dal fosso della Fonte della Fata Morgana, hanno sfondato la porta travolgendo l’abitazione raggiungendo i due metri di altezza. Emanuela, mia zia, ha cercato di chiedere aiuto ma sfortunatamente nessuno l’ha potuta soccorrere”.

    “Nessuno tranne Nicola – prosegue Cristina – che per caso passava di lì. Pur avendo subito capito che la situazione fosse al dir poco tragica, ha mantenuto la lucidità: liberatosi dei vestiti superflui che l’avrebbero potuto ostacolare, ha fatto il giro da fuori e ha buttato giù la porta esterna in modo da far un po’ scendere il livello di melma e acqua”.

    “Dopo di che – spiega ancora – ha tratto in salvo Emanuela la quale, ormai stremata, stava per lasciarsi andare. Zia aveva le gambe incastrate tra i mobili perché la violenza dell’acqua aveva stravolto tutto l’assetto dell’appartamento”.

    “Infatti – racconta Cristina – l’ingresso era bloccato dal pesante tavolo della cucina, le piante del giardino erano finite addirittura in camera da letto e nessun mobile era rimasto nella stanza dove era stato precedentemente posizionato. Anche adesso, dopo giornate di instancabile lavoro, la casa è inagibile ed è stato possibile recuperare pochissimo”.

    “Ovvio che per quanto dispiaccia dover ricostruire da zero – aggiunge – ciò che era stato da poco tempo ristrutturato, tutto si può ricomprare. Ma la cosa che più ci interessa è che la zia è uscita indenne”.

    “Il salvataggio non è stato un miracolo – tiene a dire in conclusione – ma è il frutto di un gesto eroico che non tutti sarebbero stati in grado di affrontare. Grazie Nicola perché senza di te non sarebbe stata una storia a (quasi) lieto fine”.

    E sentiamola allora dalla viva voce di Nicola questa esperienza: “Ho una ditta nel settore del caffè, ho 50 anni – ci dice descrivendosi – Sono nato lì dove sta l’Emanuela, mio babbo e mia mamma vivono al primo piano, io invece abito in Borgo Bartolini”.

    “Quella sera – riavvolge il nastro – quando a casa mia ho visto che l’acqua saliva, ho aperto il cancello e l’ho fatta defluire verso l’Ema. Fortunatamente non abbiamo avuto danni. Ma, come tutti, non avevamo corrente elettrica, la mia compagna era un po’ agitata, abbiamo deciso di andare a vedere dove ho un garage e tengo un po’ di materiale”.

    “Già da via Tegolaia – prosegue – passando con il furgone, eravamo in mezzo a una sorta di fiume. Pensavo di arrivare e trovare pieno il garage, invece non ha avuto danni. A quel punto abbiamo deciso di passare dai miei, che comunque abitano al primo piano, c’eravamo sentiti poco prima, ed ero tranquillo che stessero bene”.

    “Quando però sono arrivato – continua Nicola – ho trovato mia mamma per strada, agitata, mi diceva che l’Emanuela chiamava ma non riuscivano ad arrivarci. E’ un posto che conosco bene, ci sono nato. Lei vive in una sorta di seminterrato, che era diventato una grossa piscina. Quando sono arrivato a scendere i gradini per arrivare al suo piano, avevo l’acqua sopra alla testa”.

    Momenti drammatici: “Sono andato in casa dal mio babbo e ho preso una mazza. Mi sono diretto a una porta da un altro lato, che ancora era in fase di ristrutturazione, con delle tavole da muratori. L’ho abbattuta per far defluire un po’ di acqua. Appena è arrivata all’altezza del collo sono entrato. Era tutto buio, la sentivo chiamare”.

    “Poi – sono ancora parole di Nicola, che con calma racconta quei momenti concitati – ci siamo trovati. Era incastrata con le gambe sotto al divano, l’acqua aveva stravolto ogni cosa. Ho spostato il divano, ho sentito che era freddissima, l’ho accompagnata fuori e portata in casa dei miei genitori”.

    “Ho detto di metterla sotto alla doccia calda – conclude Nicola – Poi sono andato a recuperare i miei figli, che sapevo che comunque erano al sicuro. Una notte pazzesca? E’ stato tutto rapidissimo, nel giro di un’ora e mezzo: dalla siccità a… tutto questo”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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