SAMBUCA (BARBERINO TAVARNELLE) – Lo scorso martedì 17 dicembre ci ha lasciati Arnolfo Bagni, “il calzolaio” della Sambuca. Si è spento a novantotto anni circondato dall’amore di tutta la sua famiglia.
Eternamente curioso, nutriva un forte attaccamento alla vita. Ogni giorno rappresentava una
pagina bianca; un’opportunità per scrivere la sua storia e per dedicarsi alle sue passioni.
Era tifoso della Juventus (vide allo stadio di Firenze anche la celebre rovesciata di Carlo Parola immortalata per sempre dalle figurine Panini) ed era appassionato di politica.
“In casa – ci raccontano i figli Silvio e Bianca Maria – abbiamo ritrovato almeno dieci radioline”.
Uomo emancipato, con un’apertura mentale considerevole. Tanto da ascoltare ogni mattina, con la sua radio a sinistra, il primo notiziario delle sei.
La sua indole così curiosa, avida di sapere e di conoscere, lo spingeva sempre a tenersi aggiornato e a restare connesso con il mondo.
Un’apertura mentale dovuta anche al contatto con la città, con Firenze. Grazie alla sua professione di calzolaio, Arnolfo comprava e vendeva in città.
Ciò lo portava inevitabilmente ad ampliare il suo sguardo rispetto a molti suoi coetanei, che allora erano dediti all’agricoltura e alla terra.
Nelle sue parole e nei suoi discorsi non mancavano mai i riferimenti alla sua storia, alle vittime della guerra, agli amici di quel periodo. Come uomo e protagonista della Resistenza.
“E’ stato un padre amorevole – ci racconta la figlia Bianca Maria – ho sempre beneficiato del suo affetto e della sua protezione”.
“Era il mio eroe – aggiunge sopraffatta dall’emozione – Mi ricordo quando da piccola mi chiamò per vedere le scarpe che aveva realizzato per le guardie del corpo della regina d’Olanda”.
“Mi pareva – rammenta commossa – di non aver mai visto dei piedi così grossi”.
Un padre che ha sempre insegnato ai suoi figli l’importanza dello studio, del sapere, di essere padroni di una certa cultura.
Il dovere di non fermarsi alle apparenze o al velo che copre le cose. Di togliere invece sempre l’involucro, nella possibilità di fronteggiare il mondo e di avere un futuro migliore.
“Ci piace ricordarlo con la sua estrema positività, leggerezza e con il suo sorriso” dicono
ancora.
Mai una lamentela né un segno di resa. Era in grado di alleggerire la giornata degli altri con quel suo modo così genuino e sincero di farsi volere bene.
La sua morte però non ha lasciato soltanto un vuoto incolmabile nei familiari, ma anche nell’intera comunità di Sambuca.
“Sono state infatti tante le manifestazioni d’affetto e di vicinanza – ci spiega Silvio – che abbiamo ricevuto in questi giorni. Era un uomo ben voluto, non aveva mai litigato con nessuno”.
Lui c’era sempre per i suoi clienti. Li accontentava ed era sempre disponibile. Il suo lavoro, le scarpe, hanno rappresentato un caposaldo della sua vita. Un mestiere di famiglia, che lo stesso Arnolfo ha cercato di trasmettere ai piccoli di casa, i suoi bisnipoti Livia e Lorenzo.
“Quando lo abbiamo deposto nella bara – conclude Silvio, non senza commozione – abbiamo messo un paio di scarpe realizzate da lui a cui teneva particolarmente”.
Il suo è stato un addio formale, un congedo che in realtà ancora vive. Vive negli insegnamenti e nella forza dei suoi cari, in quella caparbietà di sorridere sempre alla vita.
Ma vive anche nel ricordo dei suoi compaesani, di chi ha avuto la fortuna di incrociarlo sui propri passi.
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