BARBERINO TAVARNELLE – Un fatto spiacevole (fortunatamente risolto) quello capitato al tavarnellino Alessandro Bacci, che si è visto “rubare” le sue poesie, valvola di sfogo, grande passione da ormai più di venticinque anni.
“Prima di dedicarmi alla pubblicazione dei libri e ai concorsi – ci spiega Alessandro – pubblicavo le mie poesie su alcuni siti”.
“Ho scoperto – prosegue – che da lì una persona mi aveva copiato circa 80 poesie e le aveva inserite su altri siti. Dopo che ho sporto denuncia ai carabinieri, ha tolto le mie poesie che si era attribuito”.
Alessandro, ex titolare di un negozio di elettrodomestici in via Roma a Tavarnelle (nel fondo in cui ora si trova il ferramenta), ci racconta che nel 1997 ha avuto un incidente domestico e da quel momento ha incominciato a scrivere.
Nel 2001 gli è capitato un altro evento drammatico: mentre stava tornando a casa dal “Tendenza” (una discoteca molto frequentata in quegli anni), una Mercedes invase la sua corsia. Per via di questo frontale, entrò in coma per la seconda volta. Da allora scrive sempre, ma in modo diverso.
Alessandro, grazie alle sue poesie, ha ricevuto moltissimi premi: a Melegnano, Palermo, persino a Melbourne. A Caserta, in occasione di un solo concorso, ha ottenuto niente meno che il primo posto, il premio della giuria e la medaglia del presidente della Repubblica.
Ha scritto più di dieci libri, con il supporto degli sponsor Oleificio Castel del Chianti e Bacci Trasmissioni Meccaniche (che tiene a ringraziare). Adesso sta aspettando di avere risposte da alcuni editori per pubblicare il suo nuovo libro, “Figli di un dio migliore”.
“In ogni libro parlo di cose diverse: amore, problemi sociali… – dice in conclusione – Uso un linguaggio semplice e diretto, come quello delle canzoni. A volte le ho accompagnate con disegni astratti che ho realizzato a mano libera, altre con foto fatte anche quelle da me”.
Con la speranza che nessuno se ne appropri più, vi lasciamo con le bellissime parole di Alessandro.
IL TUFFO
La vita non è quella che ci obbligano a vivere,
voglio fuggire
dalle sue false, ipocriti ed opportuniste felicità,
voglio fuggire da una routine che uccide.
Voglio scalare le montagne della superbia,
toccare la fiamma della vita
e spegnerla con le mie lacrime.
Voglio arrivare dove si ferma il vento,
va a cadere il sole
e le strade non hanno nome.
Voglio rompere gli altari del tempo,
tagliare le vene del cielo
ed uccidere la noia a sangue freddo.
Voglio tuffarmi
in caduta libera nel vuoto
sfidando il vento,
tentando d’ingannare il tempo
che perde significato
e si dissolve nel niente
che si avvicina velocemente,
libero da pensieri
e schiavo della libertà.
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