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mercoledì 8 Maggio 2024
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    La famiglia, la storia, i misteri del giallo: i libri di Fabrizio Silei, con una forte anima tavarnellina

    Abbiamo letto "Trappola per volpi" e "La rabbia del lupo" e siamo rimasti affascinati. E allora non abbiamo potuto fra altro che incontrare chi li ha scritti...

    BARBERINO TAVARNELLE – Ci sono i profumi (anche dei piatti iconici della nostra tradizione) e i colori del Chianti, della Firenze degli anni Trenta. Con gli echi della prima guerra mondiale. 

    Le storie dei contadini e della povera gente. Dei nobili e dei loro tic. Il fascismo, il suo lato tragico ma anche quello tragicomico. C’è, soprattutto, tanta autenticità. Ricerca. Definizione dei personaggi. Piccoli camei delicati.

    Dove? Nei due libri di Fabrizio Silei, salde radici tavarnelline, che stanno riscuotendo un grandissimo successo. In libreria e nelle classifiche: “Trappola per volpi” e “La rabbia del lupo” (Giunti editore).

    Silei, classe 1967, è personaggio a dir poco poliedrico: molto del suo lavoro degli anni passati lo potremmo definire basato sulla sociologia del territorio e della memoria.

    Ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto la guerra e i lager nazifascisti (anche quelle sulla strage di Pratale), memorie del mondo contadino, storie e leggende della tradizione toscana.

    Fabrizio Silei, foto di Daniela Zedda

    Esperienze che, come alla fine di un percorso disegnato dal destino, sono confluite in questa fortunata serie di gialli. Con protagonisti Pietro Bensi e Vitaliano Draghi. Una coppia ben assortita, che si incastra alla perfezione nelle pagine che scorrono.

    Come autore di narrativa per ragazzi, inoltre, Silei ha alle spalle numerosi successi e riconoscimenti; tra cui il prestigioso Premio Andersen nel 2014. I suoi libri sono stati tradotti in 21 Paesi. 

    Insomma, la guerra e il fascismo, il Chianti e la memoria, Firenze e i suoi misteri. Due libri che ci hanno tenuti incollati alle pagine. Non potevamo non incontrarlo… .

    Silei, come nasce la sua “vena” di romanziere?

    “Nasce dall’ascolto delle storie e dall’amore per la letteratura. Avevo quattro anni quando mia madre mi raccontava della sua esperienza di bambina durante il passaggio del fronte. Storie terribili, di soprusi, bombardamenti, ma anche di umana pietà al di là degli schieramenti della politica e degli eserciti. Forse per questa precoce fascinazione ho cercato tutta la vita quelle storie, sono diventato sociologo, ho fatto ricerche su vari aspetti di quel periodo intervistando i sopravvissuti e i testimoni: gli ex internati nei lager, i superstiti delle stragi, come a Pratale. Ma intanto scrivevo racconti, ho sempre scritto, fin da piccolo e ben presto mi sono reso conto che al di là dei ragionamenti storici e sociologici io era sedotto dalla bellezza e dalla forza di quelle storie. Ancora giovanissimo ho provato a raccontarle in “Arbeiten!”, prestando la parola a chi non l’aveva, a contadini e persone semianalfabete che avevano vissuto l’esperienza della prigionia e dei campi di lavoro in Germania. Da lì, quasi subito hanno iniziato a sgorgare, intrecciandosi con quella storie e quella Storia, le mie storie. Sin dall’inizio i miei libri sono stati romanzi, prima per ragazzi, poi anche per adulti”.

    C’è un progetto già definito dietro i primi suoi due romanzi? Oppure il primo è nato di getto e il secondo lo ha seguito?

    “Adesso c’è, prima non c’era. Il primo è nato di getto, dalla voglia di raccontare una certa Italia, di fare i conti con la mia storia familiare, di narrare attraverso il gioco del romanzo di genere tante cose di ieri che hanno a che fare con l’oggi e con la mia visione del mondo. “Trappola per volpi” è un romanzo scritto di cuore, senza pensare a un progetto, poi è piaciuto così tanto che sono andato avanti con “La rabbia del lupo”, dopo aver capito e imparato tante cose proprio parlando con i lettori. Adesso sì, è una vera e propria serie che va avanti dal 1936, 1937, 1938 e poi vedremo, tutto dipende da quanto sarà amata dai lettori”.

    C’è anche molto Chianti, molto orgoglio contadino. Echi familiari?

    “Sì, c’è il mio Chianti, c’è mio nonno Martino, che presta un bel pezzo della sua vita e biografia a Pietro, c’è mia nonna Sabina, mio zio Serafino.Sono loro e non sono loro, come se la verità della memoria rendesse più credibili e veri i personaggi della fiction. E poi c’è la stazione di Monta Taurina, la villa del Castello del Nero, il bosco delle Casaglie. Ma anche questi luoghi sono loro e non sono loro, proprio come avviene nei sogni o nei ricordi, quando il filtro della memoria si mette di mezzo. Ci sono anche i nomi e i soprannomi di tante persone del mio paese, Tavarnelle, e della mia infanzia, retrodatate agli anni Trenta. Questo esserci state le rende più vive quando scrivo, più credibili proprio perché esistite e nei miei romanzi ricordate in qualche modo, magari solo per un nome ripreso, un certo modo di muoversi, o modo di dire, che è appartenuto a qualcuno. È un pensiero, un “mi ricordo di te!” che si insinua nella mia scrittura. Capita così che un biciclettaio non si possa chiamare altro che Rolando, una donna su un balcone Adorna o Iolanda, un oste Mannellino, e che siano loro senza essere loro, proprio perché nella mia memoria di bambino e dell’infanzia, d’un passato che fu, sono chiari, veri, plausibili, vivi. Sono un mondo che risorge”.

    La continua condanna del fascismo, anche tramite lo sberleffo, la possiamo ritenere uno dei fili conduttori dei libri?

    “I miei libri, come ha notato con piacere Francesco Guccini, sono pieni di un antifascismo particolare: quello popolare, caustico, del popolo di San Frediano, degli artigiani, degli ultimi che devono chinare la testa e obbedire, e che rischiano la vita ma non sanno tener a freno la lingua. La vendetta della parola rimasta l’ultima arma del popolo per opporsi all’ingiustizia. Nel mio libro “Bernardo e l’angelo nero” raccontavo una storia che mi aveva riferito mio padre svoltasi a Barberino Val d’Elsa. Qualcuno, nottetempo, aveva preso una scala e aveva scritto con un carbone “E anche i’ su babbo!” nella lapide della via dedicata a Bruno Mussolini, figlio del Duce morto in un’esercitazione aerea. La mattina dopo tutti avevano riso sotto i baffi vedendo la scritta della toponomastica divenuta: “Via Bruno Mussolini e anche i’ su babbo!”. Così erano i toscani, tutti fascisti tranne qualcuno, più d’uno, e quel qualcuno pur di non rinunciare a una buona battuta, era disposto a rischiare la pelle. Così sono i miei personaggi e sono un po’ anche io. Mi preme ricordare come si viveva davvero durante il Ventennio a questo presente pieno di capetti populisti, di arroganza e di nostalgia per fantomatici “treni che arrivano in orario”. Una nostalgia che, neanche a dirlo, non mi appartiene”.

    Anche la guerra è ben presente, è anche in questo caso possiamo parlare di retaggi familiari?

    “Direi proprio di sì, tutto ciò che nel mio romanzo accade a Pietro nella prima guerra mondiale rispecchia esattamente il racconto che faceva mio nonno della sua esperienza al fronte, dal quale tornò esattamente nelle stesse condizioni di Pietro, per poi morire ucciso da uno dei suoi tori nel dopoguerra. Se poi la serie andrà avanti, come spero, con l’arrivo della seconda guerra i miei personaggi incapperanno purtroppo in altre combinazioni biografiche che hanno che fare con chi gli ha prestato il nome. Ma è presto per dirlo, speriamo loro siano più fortunati”.

    Vitaliano invece, l’altro protagonista, le è stato ispirato da qualcuno in particolare?

    “Come ho già raccontato Pietro è in parte mio nonno Martino Silei, in parte per la sua genialità leonardesca un contadino che esce dai racconti di mia madre, una specie di genio impegnato a costruire macchine e risolvere enigmi, un tale Barbetti. Vitaliano, invece, somiglia più a me e a noi, con le sue fisime e la sua inadeguatezza, la sua cultura e la sua disattenzione, rappresenta quel che sarebbe venuto dopo la civiltà contadina. Pasolini diceva che una volta venuta meno la cultura della civiltà contadina, saremmo stati una massa di carrelli che si cozzano. Parole profetiche se pensiamo a l’oggi. Vitaliano era all’inizio, nel primo romanzo, l’allievo un po’ “fagiano”, distratto e inesperto, e Pietro il maestro e l’uomo d’altri tempi, curioso e desideroso di avere la cultura che non ha potuto avere per destino. Dotato di un’umanità straordinaria in un epoca disumana, attento al presente e colto a volte più di Vitaliano per aver letto tanti dei libri del conte. Ne “La rabbia del lupo” le cose iniziano a cambiare , Vitaliano cresce, viene messo alla prova, capisce tante cose e fa le sue scelte. Pian piano sta diventando un uomo quasi all’altezza dell’inarrivabile maestro”.

    Possiamo aspettarci quindi un terzo capitolo delle loro avventure?

    “Lo sto già scrivendo, e posso dire che tanti lettori lo stanno aspettando con affetto. Ogni giorno ricevo mail e messaggi che mi testimoniano la passione per i personaggi di questi romanzi, la curiosità per cosa accadrà loro e l’entusiasmo per questo mondo passato, ma vicino. Passione per Pietro e Vitaliano, certo, ma anche per Poirot, Ernestina, Filomena, Parrini… e le loro vicende che vanno avanti romanzo dopo romanzo in una narrazione corale dove ciascuno cambia, cresce, ha le sue crisi. Non pensavo di trovare tanto entusiasmo per questo mio modo di scrivere che intreccia il romanzo letterario, al feuilleton, al romanzo storico e sociale, senza dimenticare la notazione storico artistica, e i registri della commedia e della passione amorosa. Molti lettori mi hanno confessato di essersi bevuti quasi 600 pagine senza staccarsi, dispiacendosi che il libro stesse finendo. Io mi sto divertendo molto, tramite i miei personaggi e le mie storie e mi impegno al massimo per onorare i mie lettori. Così facendo sto imparando un sacco di cose, sto cambiando anche io imparando a guardare il mondo con gli occhi di Pietro. Si tratta di un giallo, ma anche di una saga familiare, e di un romanzo storico ambientato in un periodo che necessita di tanto studio e ricerca dei particolari. La mia speranza è che questo sforzo venga ripagato e la seria dei romanzi possa conquistare ancora tanti lettori in modo che possa andare avanti e crescere ancora”.

    Due presentazioni in Chianti fiorentino

    Chi volesse incontrare Fabrizio Silei lo potrà fare nel mese di settembre proprio nel nostro Chianti, dove sono previste due date di presentazione.

    L’11 settembre sarà a Tavarnelle, alle 18 al Crc La Rampa; il 18 settembre sarà invece a San Casciano (sempre alle 18) all’auditorium ChiantiBanca..

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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