Mi perdoneranno i lettori del Gazzettino del Chianti se utilizzo questo spazio per salutare una persona speciale, una donna incredibile, una forza della natura che ci ha lasciato da qualche giorno. Glielo devo.
E' stata salutata con alcune righe anche dalla sua famiglia (mio zio Renzo, mia cugina Stefania, il nipotino Federico) con un ricordo commovente, sincero, assoluto. Un ringraziamento ai tanti che hanno fatto sentire il loro affetto anche sulla rete: postato su Facebook, dove lei stessa aveva scoperto nei mesi scorsi un mondo che la faceva sentire più vicina alle tante storie che circondano ogni giorno la nostra vita.
Storie come la sua, come quella di mia zia Anna (per tutti, me compreso, da sempre Annamaria). Scrivo queste righe perché so che le avrebbero fatto piacere. Perché era una donna solare, che amava stare in mezzo alla gente. Che non si è nascosta mai, che ci ha sempre messo la faccia e il cuore. Vivendo con orgoglio il suo oggi, la sua storia.
Si dice spesso che "la conoscevano tutti", e mai come in questo caso è vero. Mia zia Annamaria, a Montespertoli dove ha sempre vissuto, la conoscevano davvero tutti. E tantissimi sono venuti a salutarla mercoledì 19 giugno fino dentro al cimitero: in una giornata in cui il calore sembrava fondesse insieme il cielo e la terra.
Se n'è andata con un sospiro, dopo quasi due anni di battaglia durissima contro la malattia. Lo ha fatto senza arrendersi, senza uscirne sconfitta. Lottando, rimanendo attaccata a un sogno chiamato vita: con un carattere di ferro, saldato da un amore per i suoi cari che l'ha resa unica. Un esempio? Sì, un esempio: per chi ha paura (e siamo tanti), per chi pensa di non farcela (e siamo tanti), per chi perde la speranza (e siamo tanti).
Aveva una risata straordinaria mia zia Annamaria: rideva gustandosela a sua volta, trascinava con sé chi le stava intorno. E magari dondolava i suoi capelli ricci: una "cesta" come si dice dalle mie parti, una vera e propria "cesta" di capelli. Tanto che la chiamavamo Marianna, come la "ricciolina" dello sceneggiato (ai tempi si chiamavano così, le "fiction" non si sapeva nemmeno cosa fossero) "Anche i ricchi piangono".
Un soprannome che ci racconta da dove veniva, da dove veniamo: famiglie con genitori nati negli anni fra il '40 e il '50. E noi figli degli anni Settanta, che oggi ci scopriamo uomini, donne, mariti, moglie, padri e madri.
In una vita che passa in un soffio: un attimo prima siamo a fare un pic nic lungo il corso della Pesa, con i tavolini che ballano sui ciottoli bianchi; o nel Pian del Melagrano, nella pineta alle porte di Mercatale; o a mangiare il pesce a casa sua per la Festa del Vino. Un attimo dopo ci troviamo (quasi) quarantenni, a piangerla.
Sono i dettagli che spesso fanno la differenza. Che ci raccontano chi siamo: io la ricorderò sempre quando vedrò un mazzo di carte (come le piaceva giocare con gli amici alla casa del popolo…), quando mangerò l'insalata russa e il pollo ripieno, tipici dei nostri pic-nic; e la ricorderò sempre, ogni volta che scriverò un articolo. Era letteralmente "tifosa" nei miei confronti, con quella passione che sapeva trasmettere a tutti: mi ha sempre fatto sentire sulla strada giusta.
In questi giorni ho percorso più volte le scale del piccolo condominio dove viveva, dove tutti si sentivano parte di qualcosa di comune. Amici, compagni di vita: persone speciali, che si sono sempre sostenute e aiutate. Una sorta di famiglia allargata… alla scala condominiale.
Mille i ricordi che mi affiorano alla mente, vedendo le stesse piastrelle, la stessa porta d'ingresso, la stessa luce giallo scuro che più che illuminare fa penombra: mi sembra di arrivare e vederla alzando la testa, affacciata sul pianerottolo, come accadeva sempre quando da San Casciano andavamo a trovare "gli zii di Montespertoli".
Ti saluto zia, e ti porto i saluti dei tanti che ti hanno conosciuta, che ti hanno incontrata, che ti hanno accompagnata lungo questi 65 anni. E che non ti dimenticheranno mai.
di Matteo Pucci
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