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sabato 23 Settembre 2023
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    Abbiamo incontrato i rappresentanti di uno dei tre VC intitolati ad Antognoni

    Un nome e un cognome. Giancarlo Antognoni. Aggettivi, a migliaia. Scomodando stelle, luci, sogni, si parla dell’unico personaggio della storia Viola che ha attraversato tre generazioni di tifosi. In attesa della quarta.

     

    Tre i Viola Club ufficiali a lui intitolati, uno dei quali nel Chianti senese, a Castelnuovo Berardenga. Nasce nel 1989 (a Firenze anno d’oro di un altro grande numero 10, Roberto Baggio) per opera dei volenterosi fondatori, Mario Di Giovanni e Mario Resti.

     

    "Oggi con qualche ricambio mi aiutano a portare avanti altri amici, Gino, Vincenzo, Marco, Claudio, Edoardo", racconta il presidente Simone Petreni.

     

    Vita associativa quantomeno vivace: fra feste di inizio o fine anno e cene-buffet messe in piedi in occasione di qualche partita di cartello, la tavola è sempre ben apparecchiata. Nel cuore del Chianti, come potrebbe essere altrimenti?

     

    E quindi può capitare di ritrovarsi al circolo Acli piuttosto che in piazzetta del Castellare, o alla cena di pesce dello scorso febbraio, ma lo spirito è sempre lo stesso: la Fiorentina come passione ma anche come collante, pretesto per stare insieme davanti a un piatto e a un bicchiere di quelli buoni.

     

    "Oggi il Club sfiora i 150 soci – prosegue Simone – quota record dovuta alla stagione del rilancio, dopo due anni di continuo logorìo che per fortuna ormai paiono alle spalle. Circa un quinto i soci baby. Una trentina allo stadio ogni domenica, fra abbonati e occasionali".

     

    Parlando di rilancio, un pronostico sul piazzamento finale? "Il quarto posto ci pare un buon risultato, adeguato alla forza della squadra".

     

    Esauriti i numeri, siamo agli affetti. "Fatta salva “la Stella”, a cui il club è dedicato, i legami più forti si sono creati con Batistuta, che a suo tempo venne anche a cena da noi. Il Re Leone è stato forse l’unica bandiera viola dopo Antognoni. E in anni più recenti Jorgensen. “Martino” era un esempio di uomo oltre che di giocatore, inevitabile affezionarsi a lui".

    di Leonardo Pasquinelli

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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