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venerdì 29 Marzo 2024
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    Turismo, in Toscana presenze ridotte alla metà nel 2020: “Ma ci sono segnali di ripartenza”

    I dati sul turismo del 2020, attesi, certamente documentano inequivocabilmente l’impatto del Covid su un segmento importante dell’economia

    FIRENZE – “Il crollo c’è stato, ma non più drammatico di quanto accaduto complessivamente in Italia. E comunque si intravedono segnali di ripresa e di ripartenza, a partire da un’offerta variegata che sicuramente è un punto di forza”.

    I dati sul turismo del 2020, attesi, certamente documentano inequivocabilmente l’impatto del Covid su un segmento importante dell’economia.   

    Mille e seicento nuovi operatori che nel 2021 si sono  iscritti alla piattaforma “Make” di Fondazione Sistema Toscana e 1030 nuovi pacchetti e idee di possibili viaggi,  3 milioni di visualizzazioni per 1 milione circa di utenti su www.visittuscany.it (rispetto all’anno scorso i francesi cresciuti di quasi nove volte, i tedeschi del 249 per cento, gli svizzeri del 135),   85 milioni di visualizzazioni su google e 13 milioni su facebook per la campagna “Toscana Rinascimento senza fine”.  

    Il turismo in Toscana, rileva l’Irpet nel suo rapporto annuale (http://www.irpet.it/archives/60291), segna infatti alla fine nel 2020 il 54,3 per cento di presenze in meno.

    Il numero misura il complesso dei giorni di permanenza, moltiplicato per i turisti che sono arrivati. Naturalmente il comparto più penalizzato è quello straniero (-76,5 per cento) rispetto alle presenze di italiani (-28,7 per cento). 

    Questi almeno sono i dati nelle strutture ricettive ufficiali perché, rilevano sempre gli analisti, se si potessero quantificare i flussi anche degli affitti di case indipendenti  e degli  appartamenti “non ufficiali” (AirBnb, ad esempio) –  i più ricercati nel 2020 assieme alle strutture per il turismo all’aria aperta, una tendenza giudicata strutturale e di medio periodo, assieme al ritrovato protagonismo del turismo interno e del “viaggio lento” – alla fine le perdite sarebbero probabilmente inferiori rispetto a quelle che appaiono. Sempre l’Irpet stima un – 45,3 per cento complessivo (-26,8 per cento solo sulle non ufficiali).

    I turisti hanno prediletto la rarefazione delle persone e la natura, due dati di cui far tesoro, assieme ad un’esperienza turistica sempre più digitale e con prenotazione estremamente flessibili.

    Quanto al turismo organizzato, la maggior parte degli esperti non precede un ritorno ai livelli pre-pandemia prima del 2023 o anche fino al 2024.

    Il turismo pesa in Toscana per circa il 10 per cento  sul lavoro attivato nella regione. L’impossibilità o comunque la minore propensione a viaggiare causata dall’emergenza sanitaria ha avuto dunque riflessi rilevanti sulle diminuzione del prodotto interno lordo che, sempre secondo le ultime stime di Irpet, si attesta nel 2020 intorno tra il 10 e l’11 per cento.  

    Si calcola che 46,8 milioni di presenze in meno in un anno siano valse  5,8 miliardi di euro di minori entrate sui dieci complessivamente persi dall’intera economia toscana. 

    Nel dettaglio gli arrivi di turisti internazionali, racconta l’istituto di programmazione economica della regione, sono crollati del 72,8 per cento.

    Meno turisti, con soggiorni lievemente più brevi. Effetto dell’impossibilità o comunque della minore propensione a viaggiare. Ma in Toscana non è andata molto diversamente che altrove: in Asia e nel Pacifico gli arrivi sono crollati del 74 per cento, in Europa del 68,5 per cento, del 71 per cento nell’area mediterranea.   

    A mitigare il crollo ci hanno pensato, grazie soprattutto al breve ma intenso boom estivo, gli italiani e il mercato interno, che storicamente costituisce però in Toscana solo una percentuale piccola dell’intero movimento, fatto da sempre di turisti in arrivo per lo più da oltralpe e da oltre oceano. 

    Il crollo nelle città d’arte

    I turisti stranieri sono venuti in particolare a mancare nelle città d’arte e in collina. E’ accaduto in misura più rilevante rispetto al resto d’Italia, ma del resto in Toscana, nel segmento alberghiero, si concentrano in misura superiore alla media nazionale quei flussi di turisti provenienti da altri continenti che la visitano spesso per la prima volta, con tour organizzati in strutture preferibilmente  a tre, quattro od anche cinque stelle.

    E quei flussi, in particolare provenienti dall’Asia ma anche dal Sud e Nord America, nel 2020 sono mancati quasi del tutto. 

    I paesi extra europei interrompono quasi completamente il flusso verso la Toscana a partire dalla fine di febbraio. Il calo dal Nord America è superiore, alla fine dell’anno al 90 per cento, così come da India e Cina. Crollano anche gli arrivi dalla Spagna (-87,5% di presenze in meno) e dal Nord Europa  (-90,3%): meno peggio per Francia (-73,5%), Paesi Bassi (-63,5%), Germania ed Austria (-60,4%) e Svizzera (-44,4%).

    Conta la prossimità. Per quanto riguarda il mercato interno i lombardi diminuiscono del 22,9 per cento, i piemontesi del 21,8 per cento, gli emiliano romagnoli del 27,7 per cento, ma i  laziali del 37,7, i campani del 45,2, i siciliani del 49,2, i pugliesi del 50,7 e i sardi del 58,6. Numeri coerenti con un turismo che nel 2020 è stato soprattutto estivo e balneare, con spostamenti più limitato da regioni con accesso al mare. 

    Le città d’arte sono le destinazioni di gran lunga in maggior sofferenza: -72 per cento di presenze. Ma gli europei dell’ovest, diminuiti nelle città del 75 per cento, sono mancati anche nelle aree collinari quasi quanto nelle città d’arte, contribuendo alla fine quasi per la metà alle perdite di presenze in quel segmento, che segna alla fine un meno 62,4 per cento.  La montagna si ferma invece a -49 per cento. 

    Chi ha più retto e chi meno

    In termini di ambiti turistici, l’area fiorentina segna un -80,7%, la più penalizzata, -77,6% per la Valdinievole e Montecatini e -69,1 per la piana di Lucca.

    Le presenze nel Chianti arretrano del 67,3 per cento, del 61,4 a Prato, del 60,5 nel Mugello, del 61,2 in Garfagnana e media valle del Serchio, legata la turismo americano e inglese che gravita su Lucca, e poi ancora -57,1 per cento per la Valdichiana senese, -55,3 per le Terre di Siena, -53,8 per Valdelsa ed Etruria Volterrana. Tutti territori frequentati in gran parte da stranieri.  

    Al contrario hanno retto meglio le aree maggiormente frequentate da italiani: -25,1 per cento per la Maremma, – 25,6 per la riviera apuana, – 30,2 per la Costa degli Etruschi e l’Elba, mentre il calo è più profondo in Versilia (-50,5 per cento, spalmato su tutte le origini e non solo sulle componenti straniere).

    Limitano in parte i danni anche Casentino (-38,5 per cento), Val Tiberina (-38,8) e Amiata (-40,4), Pistoia e la montagna pistoiese (-41,2) e Lunigiana (-45,2).

    Centomila contratti di lavoro avviati in meno

    Ma quali sono stati gli effetti sulle possibilità di impiego? Il blocco dei licenziamenti imposto per legge falsa in parte le statistiche sulle cessazioni, laddove si confronti il 2020 con il 2019: esiste infatti una parte di lavoro congelato, sottoutilizzato o non utilizzato che resta nella disponibilità delle imprese.

    Quanto ai contratti di lavoro avviati nel settore dei servizi turistici, ce ne sono stati nel 2020 circa centomila in meno, con una flessione del 44,5 per cento: il triplo rispetto ai meno 34 mila del complesso dell’industria manifatturiera (-29,3%) o degli altri settori dei servizi (-10,4%), sei volte in più rispetto ai meno 17 mila del commercio (-27,3%) e tredici volte il volume mancante nei contratti del settore dei trasporti e magazzinaggio (-26,6%).

    I minori avviamenti si concentrano naturalmente nelle città d’arte (-59 per cento, solo a Firenze -65,3 con poco meno della metà del calo complessivo dei nuovi contratti nella regione), mentre più resilienti si dimostrano gli ambiti costieri (-24,4%) o montani (-37,8%).  

    L’isola d’Elba riduce gli avviamenti “solo” del 14,9 per cento e la Maremma e la Costa degli Etruschi del venti. Il saldo invece, dato complessivo dell’intera Toscana, dice che tra avviamenti e cessazioni mancano alla fine dell’anno, rispetto al 2019, circa 12 mila contratti. 

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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