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venerdì 29 Marzo 2024
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    Oltre il 300% di interessi a commercianti in difficoltà: sequestro di 2,5 milioni di euro a un usuraio

    Si erano rivolti a lui 6 titolari di bar, ristoranti e negozi del capoluogo toscano e dell’hinterland fiorentino, pattuendo la restituzione dei prestiti con brevissima scadenza, tra uno e tre mesi

    FIRENZE – I militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri di Firenze hanno eseguito un sequestro per sproporzione nei confronti di un imprenditore calabrese 51enne, residente nel pratese, mediante il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di circa 2 milioni e mezzo di euro.

    Le indagini patrimoniali alla base dell’esecuzione dell’odierno provvedimento ablativo hanno tratto spunto da una precedente indagine penale coordinata dalla Procura della Repubblica di Firenze, diretta dal dottor Giuseppe Creazzo, ed eseguita dai carabinieri della Compagnia di Firenze Oltrarno, a seguito di una denuncia presentata da un’imprenditrice fiorentina finita da qualche anno nella rete di un usuraio.

    Gli approfondimenti investigativi, oltre a suffragare la denuncia iniziale, avevano permesso di individuare altri imprenditori locali vittime del medesimo reato da parte del destinatario dell’odierno sequestro, che aveva accordato in più circostanze prestiti a commercianti fiorentini a tassi superiori al 300% su base annua, chiedendo in un caso anche un’abitazione a saldo del debito (la cui planimetria catastale fu trovata in possesso dell’imprenditore 51enne, durante la perquisizione).

    In particolare, si erano rivolti all’usuraio, costretti da problemi finanziari, 6 titolari di bar, ristoranti e negozi del capoluogo toscano e dell’hinterland fiorentino, pattuendo la restituzione dei prestiti con brevissima scadenza, tra uno e tre mesi.

    Grazie alle attività tecniche e di osservazione effettuate dagli operanti erano stati ricostruiti i vari momenti dell’attività criminosa, tra cui gli incontri nel parco delle Cascine con una delle vittime.

    Il processo si era concluso con una condanna a 3 anni e 10 mesi di reclusione, 10.000 euro di multa e 19.500 euro di confisca a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti (cd. “patteggiamento”).

    L’attività degli inquirenti, tuttavia, non si è fermata, all’aspetto penale, ma ha interessato anche la ricostruzione dell’origine di tutta la ricchezza accumulata dall’usuraio.

    Una volta divenuta definitiva la pronuncia penale emessa, su impulso dell’Ufficio di contrasto dei patrimoni illeciti della Procura di Firenze, sono entrati in campo i Carabinieri del Reparto Operativo – Nucleo Investigativo e gli specialisti del G.I.C.O. della Guardia di Finanza nell’aggressione dei proventi illeciti, che hanno approfondito ogni dettaglio dell’asset patrimoniale del condannato o, comunque, a lui riconducibile.

    L’art. 240-bis del codice penale, infatti, prevede la confisca dei beni di cui i condannati per determinati gravi reati, tra i quali l’usura, non possano giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risultino essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato (cd. confisca allargata o per sproporzione).

    Si presume, in sintesi, che le spese che superano i redditi dichiarati siano finanziate con i proventi dei reati per i quali il soggetto è stato condannato.

    Si tratta di uno strumento di portata assai significativa in quanto riesce ad aggredire tutto il patrimonio a disposizione del nucleo familiare o di eventuali prestanome.

    L’attività del G.I.C.O. della Guardia di Finanza e del R.O.N.I. dell’Arma dei Carabinieri, quindi, si è sostanziata nell’esecuzione di analitici accertamenti patrimoniali nei confronti di 9 soggetti (5 persone fisiche e 4 persone giuridiche).

    Si tratta di un’approfondita analisi di come e quando sono stati acquistati beni mobili e immobili dal nucleo familiare del condannato o da società e soggetti a lui riconducibili, i cosidetti “prestanome”, riscontrata con le fonti reddituali dichiarate al fine di accertarne la coerenza.

    Sono stati ricostruiti, pertanto, i redditi del nucleo familiare del soggetto per gli anni in cui ha effettuato l’attività di usuraio e confrontati con le spese documentate e quelle presumibili per le normali attività familiari, dimostrando che, nei 7 anni esaminati, il nucleo familiare del condannato aveva acquisito beni per alcune centinaia di migliaia di euro, in eccesso rispetto ai redditi dichiarati.

    Da qui la presunzione che tutto il patrimonio fosse inquinato dalla provenienza illecita dei proventi e la conseguente proposta di sequestro patrimoniale, eseguita congiuntamente da Guardia di Finanza e carabinieri.

    Nel complesso, sono stati sottoposti a sequestro rapporti finanziari (16), autoveicoli (2), quote sociali (1) e fabbricati (3), per un valore totale di circa due milioni e mezzo di euro.

    L’attività assume l’ulteriore rilievo che si tratta della prima confisca per sproporzione eseguita dal Tribunale di Firenze in fase successiva alla condanna e conferma le potenzialità di questo strumento nell’aggressione patrimoniale della criminalità, potendo andare ad interessare non solo il provento o il frutto del reato, ma tutto il patrimonio riconducibile all’indagato.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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