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giovedì 25 Aprile 2024
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    Dopo (quasi) due anni dall’esplosione che causò la morte di tre persone siamo tornati nel Borgo di Dudda

    Solo il rumore di un trattore che sta lavorando in una vigna rompe il silenzio. Davanti a noi si presenta lo stesso scenario: rovine, solo rovine...

    BORGO DI DUDDA (GREVE IN CHIANTI) – Sono passati quasi due anni da quella tragica mattina del 20 maggio 2021, quando nel piccolo borgo di case sopra Dudda, una tremenda esplosione squarciò il silenzio lungo la vallata.

    Un boato squassò il Borgo di Dudda. E una colonna di fumo si alzò alta nel cielo: erano circa le 8.30.

    Una palazzina, composta da due abitazioni, era crollata, sbriciolata. Rimanevano solo macerie, come se fosse caduta una bomba.

    Sotto a quelle macerie, dopo l’esplosione causata da una fuga di gpl, persero la vita tre persone: Giuseppina Napolitano, di 59 anni, il compagno Fabio Gandi, di 59 anni. E l’ex marito Giancarlo Bernardini, di 64 anni.

    Erano arrivati da Prato per montare delle tende nella casa nella campagna chiantigiana. Per questo la donna aveva chiesto all’ex marito, con il quale era rimasta in buonissimi rapporti, un aiuto.

    Fortunatamente erano assenti gli inquilini del piano sottostante, che sarebbero dovuti tornare ad abitarci a breve.

    Ben presto la collina e le strette strade del paesinio si riempirono di mezzi di soccorso. Vigili del fuoco, ambulanze, carabinieri, tecnici dell’Enel e del Comune di Greve in Chianti.

    E l’elisoccorso Pegaso, atterrato nel campo sportivo di Dudda, pronto a ripartire per trasportare eventuali superstiti. Purtroppo non ce ne fu bisogno, nel pomeriggio fu ritrovata tra le macerie la terza vittima.

    Come era la casa

    L’intera area fu sottoposta a sequestro e partirono le indagini per stabilire la causa di quanto avvenuto.

    Siamo tornati lassù a circa due anni dall’esplosione. Solo il rumore di un trattore che sta lavorando in una vigna rompe il silenzio. Davanti a noi si presenta lo stesso scenario: rovine, solo rovine.

    Le transenne sono in parte mancanti, e avvolte dall’erba nata ai bordi della strada.

    Proviamo a suonare qualche campanello, ci apre la porta una donna: “Mi dispiace ma non so dirvi nulla del perché è tutto ancora così”.

    Sa se l’area è ancora sotto sequestro? “Ci hanno detto che l’inchiesta è conclusa e dovrebbero venire a rimuovere le macerie, ma davvero non so altro. Dovete sentire il Comune di Greve in Chianti”.

    Chiediamo se qui abita ancora una famiglia, poco più avanti, con un bambino piccolo.

    Ci avevano ospitati nei giorni dopo la tragedia, quando eravamo sul posto a documentare: “No, sono andati via, ma non so il motivo”.

    Ci spostiamo di poco, suoniamo un altro campanello, stavolta è un uomo ad aprire: “Mi dispiace non saprei proprio cosa dirvi, io sono tornato qui a novembre”.

    Facciamo un ultimo tentativo, ma le case sono tutte chiuse. Torniamo indietro, e a una portafinestra intravediamo un fiocco celeste.

    Fabrizio è il nome del piccolo, nato proprio davanti a quelle macerie: che prima o poi saranno tolte, spazzando via quella cicatrice dal piccolo Borgo di Dudda. 

    I video nei giorni dell’esplosione

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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