GREVE IN CHIANTI – Sono state centinaia le persone che, nel pomeriggio di mercoledì 7 novembre, hanno reso l’ultimo saluto al medico veterinario di Greve in Chianti Enrico Finetti, 53 anni, che insieme con altri medici gestiva l’ambulatorio veterinario in via Primo Maggio.
Una morte molto repentina la sua, che ha lasciato tutti sgomenti. Anche l'amministrazione comunale grevigiana, con il sindaco Alberto Bencistà, ha espresso "il cordoglio più sincero per la scomparsa di Enrico" facendo alla moglie Silvia e al figlio Federico "le mie più sentite condoglianze".
Non tutti sono riusciti a entrare all'interno della chiesa di Santa Croce, alcuni sono dovuti rimanere fuori, altri lo hanno fatto volutamente in quanto assieme a loro, arrivati a dare l’ultimo saluto, c’erano anche i loro cani.
Quelli che Enrico ha curato con professionalità e amore. Tanti erano anche i cacciatori: le squadre della caccia al cinghiale sono arrivate non solo da Greve e dalle frazioni; c’erano anche le squadre di San Casciano, Mercatale, Impruneta, Montespertoli.
Sulla cassa un mazzo di rose rosse e una scritta “Enrico saluta tutti”, comparsa anche sul vetro della clinica veterinaria.
La Santa Messa è stata officiata da don Luca Albizzi, che dopo la lettura del Vangelo secondo Matteo ha detto: "Gesù parlando ai suoi discepoli ha detto: Non affannatevi, la vita è come l’erba che nasce in un campo, basta un soffio per spezzare la vita. Quando sono stato a trovare Enrico in ospedale, nel reparto di terapia intensiva, mi diceva di aver paura. Ma lo consolavo dicendogli che anche Gesù aveva paura. Enrico è stato un grande cultore dell’amicizia e capace di amare, così come amava il suo lavoro. Doti di umanità che oggi sembrano essere scomparse".
Dopo la benedizione, il figlio Federico un ragazzo forte che durante la funzione ha più volte abbracciato la madre, ha letto una lettera dedicata al padre Enrico, detto “Roccia”: "Caro babbo, hai sempre voluto bene a noi e a tutti quelli che ti stavano attorno, non hai mai fatto mancare niente a nessuno. Hai dato speranze e gioie con il tuo lavoro anche se a volte ti faceva stressare e arrabbiare, ma lo amavi tanto. Hai tenuto nascosto o ti scocciava a volte dire che andavi a caccia, ma da dopo che hai avuto l’infarto, ti sei fregato dei pregiudizi della gente, e hai incominciato veramente a divertirti. Hai creato tanto a cominciare da una squadra di amici che sempre hai sognato, hai creato un gruppo di lavoro tenendoli insieme come se tutti fossero tuoi fratelli. Hai creato una manifestazione quando tutti credevano che a Greve fosse impossibile. Sì babbo, ne facevi tante e soprattutto hai incominciato a farle da quando io ho cominciato a crescere e condividere ogni tua singola passione: ecco io ero il tuo stimolo più grande e tu lo eri e lo sarai per me. Ti ho promesso delle cose prima che ti addormentassero per non soffrire. Sappi che io le manterrò, mi hai istruito bene, mi hai preparato, ora sta a me dimostrare quello che mi hai insegnato. Comunque babbo sappi che non sono solo, la mamma mi è sempre vicino come lo era con te, anche Marco e tutti gli amici che ci siamo fatti durante le nostre avventure sono pronti a darmi una mano. E tutto questo lo devo a te. Grazie babbo".
Un grosso applauso ha riempito le navate della chiesa, così come quando il feretro ha lasciato la chiesa. Oltre al suo lavoro in tanti conoscevano Enrico per le sue doti di umanità.
L'ha sottolineato don Luca e ce l’ha ricordato anche il Priore del Rione dei Castelli, Armando Cellai: "Era un amico del Rione. Oltre al figlio, che partecipa all’attività del gruppo, Enrico era sempre disponibile a dare una mano. Per esempio quest’anno il locale dell’Oratorio di Greti, dove facciamo la cena del Rione, non era disponibile. Non nascondo che eravamo in difficoltà: quando l’ha saputo Enrico ci ha messo a disposizione un suo locale. Una persona estremamente generosa e disponibile, anche sotto il profilo professionale. Abbiamo perso davvero un grande amico".
Sua è stata l’idea di organizzare un trofeo per i cani da caccia che si svolge nel mese di luglio sul Monte San Michele.
Con grande partecipazione non solo di cacciatori ,ma anche di tanti amici degli animali. “Roccia”, così lo chiamavano gli amici, lascia davvero un grande vuoto in tutto il Chianti.
di Antonio Taddei
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