GREVE IN CHIANTI – Sabato 11 settembre a Greve in Chianti è stata avviata una raccolta firme per la difesa della salute, della terra, delle acque e delle comunità locali su iniziativa del gruppo chiamato Make Fights Visible.
“In particolare – dicono dal gruppo – al fine di tutelare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente, di diffondere un’agricoltura rispettosa degli esseri viventi su tutto il territorio, di incentivare la biodiversità al posto della pratica monocolturale in atto, si chiede l’emanazione di un regolamento comunale che indichi obblighi e limitazioni risolute e definitive all’uso di sostanze tossiche, prodotti sintetici e diserbanti chimici, dannosi per la salute e per l’ambiente”.
“L’obiettivo – indicano – è la candidatura di Greve in Chianti a comune interamente libero dai pesticidi, sull’esempio di sempre più numerosi comuni italiani”.
Nel frattempo “si chiede l’applicazione di norme precise che prescrivano delle distanze minime per tutti i tipi di trattamenti (100 metri per quelli a base di sostanze fitosanitarie chimico-sintetiche e 30 metri per quelli a base di rame e zolfo) dalle abitazioni, dai giardini, dai confini, oltre che dai corsi d’acqua e da tutti gli spazi pubblici e privati, ed anche l’informazione preventiva di tutti i trattamenti e il registro in sede comunale di questi”.
La raccolta firme, rilanciano, “è stata animata da un’installazione interattiva e da una performance. La prima si presentava come una sorta di gioco dell’intruso in cui le persone potevano toccare delle verdure che attraverso dei sensori attivavano un sistema sonoro: sei verdure emettevano vocalizzi di sgomento e di rabbia, perché avevano ricevuto dei pesticidi, e solo un ortaggio, l’intruso, esprimeva la gioia del cibo buono e sano”.
“Per la performance – raccontano ancora – cinque personaggi curiosi, portatori di immagini simboliche, hanno sfilato lungo le strade e le piazze di Greve in Chianti. Un Damocle senza spada, tuttavia piegato sotto il peso di una zucchina contaminata, appesa ad una struttura portante in bambù, apriva il corteo. Il trattamento erogato, invisibile agli occhi, costituisce a maggior ragione un pericolo evidente”.
“Un’ortolana sconsolata – aggiungono – portava invece una cassetta ricolma di verdure variegate e colorate, mai mangiate, perché entrate in contatto, loro malgrado, con dei fungicidi. Le verdure, oramai non commestibili, esibivano scritte a mano, evocanti la tristezza di un raccolto perduto e dell’amore per la terra”.
Non lontano da lei, “il contadino arrabbiato portava invece altrettante, ma diverse verdure, anch’esse istoriate, ma con maggior veemenza e disapprovazione. Seguiva l’allegorica dea delle cipolle che giustamente teneva nelle mani delle cipolle con stelo lungo e fiore interamente essiccate”.
“I fusti cavi – concludono – quasi legnosi, tenuti delicatamente in un fiocco rosso, facevano apparire parole riflessive su quello che è la natura che muore quando profitto e avidità la fanno da padrona. Chiudeva il seguito un’ignara raccoglitrice di erbe che inconsapevolmente aveva colto delle erbe selvatiche in prossimità di campi trattati per farne il suo nutrimento, credendole, tristemente e a torto, salutari”.
La petizione continua. Per informazioni: info@makefightsvisible.net.
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