LUCOLENA (GREVE IN CHIANTI) – Ottavio Martini era un contadino di Lucolena, partito per la Grande guerra, ferito e scampato alla morte in una delle più grandi tragedie dell'umanità.
Come tanti suoi commilitoni ha tenuto un diario di quei giorni terribili, ma come forse nessuno dei compagni di trincea lo ha fatto scrivendo in versi endecasillabi, suddivisi in perfette terzine “dantesche”.
La sua vicenda sarebbe rimasta sepolta sotto le macerie della storia se la curiosità e la tenacia di una donna del nostro tempo, Monica Ciampoli, non ce l'avesse riconsegnata in tutto il suo valore, pubblicando in un libro i due poemi di Ottavio: “Il tramonto del sole” e “L'ultimo addio”, che narrano gli orrori della guerra vissuti dal protagonista in prima linea sul Carso, poi la degenza in ospedale e il dolore immenso per la morte, a causa dell'influenza spagnola, della amata moglie Assuntina.
Il libro è stato presentato nei giorni scorsi in consiglio regionale, raccontato dalla stessa autrice, da Ruth Cárdenas Vettori, presidente dell’istituto culturale "Mircea Eliade", dal professor Cosimo Ceccuti, direttore di "Nuova Antologia", e dal presidente dell'assemblea toscana Eugenio Giani, che lo ha definito “un libro di eccezione, un’opera intensa e piena di significati”.
“Ricostruire quella lunga, snervante, guerra di trincea, che costò la vita a seicentomila giovani italiani, in un diario scritto in terzine dantesche da un giovane contadino di Lucolena – ha detto Giani – è qualcosa di straordinario. Testimonia come l’opera del sommo poeta fosse passata tra la gente comune”.
Ottavio Martini era lo zio della madre di Monica Ciampoli: nato nel 1885 e morto nel 1964; uno zio mai conosciuto e del quale aveva sentito parlare solo nei racconti della nonna Fedora, la sarta di Lucolena vissuta fino al 2008.
Una ventina di anni fa Fedora aveva ritrovato quel quaderno a righe di prima elementare ricoperto, racconta Monica, “di carta a disegnini geometrici di quella con cui si rifasciavano i cassetti del mettitutto”.
Quelle pagine, però, Monica ha fatto appena in tempo a fotocopiarle, perché nonostante la promessa della nonna di fargliene dono, sono sparite, passate nelle mani di qualche conoscente che poi le ha perse o buttate.
Il “momento magico”, come lo chiama l'autrice, ovvero una sorta di ispirazione che scatta in lei – galeotta la lettura del romanzo postumo di Oriana Fallaci “Un cappello pieno di ciliegie” – e la spinge a riprendere in mano quelle fotocopie quasi dimenticate in un cassetto, arriva nel 2014.
Inizia così un lento e faticoso lavoro di traduzione del manoscritto, reso ancora più complicato dalla pessima qualità dei fogli, e di ricostruzione storica della figura di Ottavio Martini.
Alla fine, anche grazie a quanto ricavato dall'anagrafe del Comune di Greve in Chianti e dall'Archivio di Stato, la storia di Ottavio emerge nella sua completezza.
Una vera impresa, come ammette la stessa curatrice del volume, che ha riportato alla luce una straordinaria testimonianza storica e umana.
di Matteo Morandini
© RIPRODUZIONE RISERVATA