TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – Ieri Tavarnuzze ha dato l’ultimo saluto a Giusy Benincasa, tavarnuzzina, che se n’è andata dopo una lunga malattia a soli 52 anni, lasciando l’intera comunità in un grande dolore.
“Mia sorella Giusy è venuta a mancare all’età di soli 52 anni – è il ricordo di sua sorella Francesca – Era una donna molto forte, testarda e con un cuore enorme”.
“Ha avuto un passato molto turbolento – prosegue – Il mio papà era sposato con la sua mamma e lei, terza di quattro figli, si è ritrovata alla tenera età di due anni a crescere in un orfanotrofio. Dove ha avuto la fortuna, dopo qualche anno, di essere adottata dalla famiglia Benincasa“.
“La sua infanzia non è stata per niente facile – ci dice ancora Francesca – e forse anche per questo aveva questo carattere molto forte, sembrava potesse tenere testa al mondo intero”.
“Io – rammenta – ho avuto l’onore di conoscerla quando avevo solo 13 anni e lei 18, sono la primogenita del secondo matrimonio di nostro padre. Ricordo ancora la prima volta che ci siamo incontrate. E sebbene di anni ne son passati tanti, quel momento non potrei dimenticarlo mai: aveva un paio di pantaloni neri, una maglia nera e una camicia a jeans, quei boccoli dorati e gli occhiali da sole che usava come cerchietto per tenere su i capelli. E quel sorriso dietro il quale si nascondeva”.
“Da quel momento abbiamo legato subito – la memoria è dolcissima – Io, essendo abituata ad essere la primogenita nella mia famiglia, avevo una sorella più grande di me. Mi faceva sentire protetta e importante. Dopo qualche giorno lei tornò a Firenze, dove viveva con la sua famiglia adottiva, ed io rimasi con la mia. Eun vuoto nel cuore”.
“Mia sorella – sono ancora parole di Francesca – nonostante l’avessi appena conosciuta, mi mancava tanto, tantissimo. Poi all’età di 21 anni presi la decisione di trasferirmi a Firenze e lei subito mi aprì le porte di casa sua. Rimasi a vivere con lei per quasi 2 anni e posso dire che sono stati anni idilliaci. Le piaceva coccolarmi, ed è grazie a lei che sono diventata la donna di oggi: per me era un esempio da seguire”.
“Anche se ero tornata a vivere a Palermo ci sentivamo sempre – aggiunge – e almeno una volta l’anno trovavo il modo per salire a Firenze e stare anche 3 giorni con lei. Purtroppo negli ultimi anni aveva scoperto di avere una brutta malattia genetica, che le causava gravi emorragie dal naso e dalla bocca, e spesso la costringeva a stare a letto. Ma nonostante tutto è sempre stata molto forte e coraggiosa: e fino all’ultimo ha lottato con questa malattia che la stava divorando dall’interno”.
“Mi mancherà tanto parlare con lei – ammette – ridere e piangere insieme, farci il nostro aperitivo con il suo prosecco preferito, il suo accarezzarmi i capelli, mi mancherà il suo amore perché era una grande nell’amarmi. Lo scorso anno ho vissuto con lei per un mese, ogni mattina facevamo colazione insieme, io col mio caffè ristretto e lei con il suo caffè all’americana. Era una grande donna ma, soprattutto, una sorella esemplare. E sono fiera di averla conosciuta 34 anni fa”.
“Se chiudo adesso gli occhi – conclude – me la rivedo lì, con i suoi pantaloni neri e la sua camicia di jeans, che viene verso di me per presentarsi: “Ciao Francesca io sono Giusy e sono tua sorella”. Posso ancora sentire quel primo forte abbraccio che ci siamo date: da quell’abbraccio è nato il nostro legame che nessuno potrà mai separare, nemmeno la morte, perché io la sento sempre vicina a me”.
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