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martedì 3 Dicembre 2024
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    Il rionale scomparso vent’anni fa e una serata dedicata al Villaggio della Speranza

    IMPRUNETA – Lunedì 9 settembre alle 20 si terrà una cena davvero speciale nell'area rionale del Pallò in via di Nizzano: sia per colui che verrà ricordato, sia per la destinazione dei fondi che saranno raccolti.

     

    Partiamo dai fondi: il ricavato andrà in beneficenza al Villaggio della Speranza, la stupenda realtà in Tanzania sostenuta da anni dai cittadini imprunetini. E' possibile prenotarsi per la cena presso: cantiere del rione del Pallò a Nizzano, Cartoleria Quasinpiazza via Cavalleggeri, Cuci e Ricuci via Paolieri, Edicola piazza Buondelmonti.

     

    Poi c'è la memoria: la serata sarà infatti dedicata al ricordo di Francesco Torrini, rionale palloiano scomparso vent'anni fa a soli 33 anni, mai dimenticato dai tanti che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

     

    Fra questi Riccardo Lazzerini, un altro che sui carri del Pallò ha passato tutti questi vent'anni dall'addio a Francesco. E che lo ricorda insieme al Gazzettino del Chianti.

     

    "Questa bellissima idea – inizia Lazzerini – ovvero della commemorazione a vent’anni dalla scomparsa, nasce da Tamara Crescioli e da Enrico Ricci, poi ripresa da Desi Fantoni e da molte donne del rione del Pallò".

     

    "Francesco – ricorda Lazzerini – era l'ultimo di quattro fratelli. Io l’ho conosciuto nel 1988, anche se la sua "fama" in paese precedeva il suo nome. Nel senso che era un artista vero: c’è chi nasce con certe peculiarità, attitudini artistiche. Il lato che emergeva in paese era il suo essere geniale: era un visionario, risoluto, estremo, a volte prepotente, in una parola il migliore".

     

    "Palloiano doc – continua Lazzerini, che si commuove un po' ricordando Francesco – era il coreografo del rione. Aveva condotto una sua personale battaglia affinché la coreografia acquisisse pari dignità con la costruzione del carro. Per capirne la verve si può prendere ad esempio un lunedì della Festa dell’Uva: durante le "Camiciole" il rione del Pallò intese di proiettare un film amatoriale della sfilata del giorno prima in cui il rione aveva vinto. Finita la proiezione lui si alzò in piedi e tenendo la scena disse: "Avete visto il Pallò, ora seguono gli altri"…".

     

    "S’è fatto conoscere nel paese dell‘Impruneta maniera viscerale – sorride Lazzerini – o lo si amava o lo si odiava. Era una figura prorompente, oscurante, di grande personalità. Era profondamente rispettato poiché, al di là della ruvidezza con la quale si proponeva, era una persona di alto spessore artistico. Era uno tosto, davvero. Superbo ballerino, grande coreografo e regista. Ha portato in dote a questo paese livelli artistici impensabili in precedenza, delle grandi innovazioni nella Festa dell’Uva".

     

    "Mi colpì tantissimo – ammette – segnandomi anche dal punto di vista emotivo, contribuendo a proiettarmi verso una maturità artistica personale, una mostra che fece a fine anni Ottanta agli Olmi Grossi. Dove viveva e dove arredò tutte le stanze utilizzando tutti oggetti di recupero, in particolar modo della tradizione contadina. Modificandoli, valorizzandoli, inserendoli nell’ambiente che li circondava. Fu davvero strepitoso".

     

    "Aveva una grande consapevolezza del suo essere umano – dice Lazzerini – Sui biglietti che arrivarono a tutti gli imprunetini, in cui scrisse il suo epitaffio, c’era scritto più o meno: "Chissà che fine fanno i pensieri e i cervelli delle persone". Aveva la consapevolezza, pur nella sua breve vita, di aver seminato tanto, e che il suo pensiero sarebbe pur dovuto finire pur da qualche parte. Ha viaggiato molto ma era profondamente legato a questo territorio. A cui non risparmiava comunque nessuna critica".

     

    Lazzerini ricorda ancora come lo conobbe: "Io avevo 18 anni e per una serie di combinazioni all’epoca il rione aveva quattro carri più piccoli, diciamo che ne avanzava uno. Tullio Del Bravo, "rivale" nel rione e suo grandissimo amico, mi dette la possibilità di disegnare questa sorta di quarto carro. Feci uno scarabocchio su un foglietto e lo portai a Francesco: mi guardò dall’alto in basso, di traverso, sorpreso perché non si aspettava che un ragazzino andasse lì ad "affrontarlo". Dopo anni ho saputo che aveva detto agli amici: "Questo ragazzino ha avuto un bel coraggio, tanto di cappello". Per me fu una bella soddisfazione".

     

    Chiediamo cosa direbbe oggi Francesco della Festa dell’Uva: "Io penso che lui, in particolar modo per come l’ha interpretata il rione del Pallò, pur non facendose troppo accorgere ne sarebbe piuttosto soddisfatto. Perché finalmente la coreografia, la storia, sono diventati l’elemento principale e i carri sono diventati uno strumento per rappresentarle".

     

    "Apprezzerebbe anche il carro che metteremo in piazza quest’anno – conclude Lazzerini – Il cui titolo fu usato da lui nel 1985, "Ciak si gira la Festa dell’Uva"…". Motore… azione.
     

    di Matteo Pucci

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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