IMPRUNETA-GREVE IN CHIANTI – I numeri di quello che è il dramma del cotto, delle aziende e dei lavoratori a cavallo dei comuni di Impruneta e Greve in Chianti (ma non solo…) li dà la Fillea Cgil. Che sul cotto, con Alessandro Lippi, ha svolto un lavoro encomiabile.
Sono stati circa 102 i lavoratori licenziati nel settore dall'1 gennaio 2012 ad oggi. Venti mesi, una via Crucis, uno stillicidio di crisi aziendali.
Dati diffusi a poche ore dall'incontro organizzato in Provincia di Firenze (alle 16 di oggi, Palazzo Medici Riccardi) in cui si cercherà di fare il punto della situazione, proporre soluzioni, tutelare i lavoratori, far sentire meno sole le imprese (clicca qui per leggere l'articolo).
Un incontro che però la Fillea Cgil non vuol certo che si trasformi in un muro del pianto: "Nell'apprezzare l'iniziativa – dicono – promossa ed auspicata anche dalle organizzazioni sindacali, ci moche l'appuntamento sia incentrato e caratterizzato soprattutto sul rilancio del settore che sono anni che soffre di una profonda crisi".
Poi però tornano, impietosi, i numeri: "La perdita degli addetti nel territorio fiorentino e negli ultimi 4 anni, ha coinvolto circa il 40-50% del totale occupati, con la chiusura di ben 4 aziende industriali sulle 9 esistenti nel 2010. E oggi le aziende rimaste hanno quasi tutte procedure di ammortizzatori sociali in corso".
Ma la Fillea Cgil non si limita a fare il quadro e ad auspicare soluzioni. Ha idee e le propone: "Per produrre si deve utilizzare la materia prima pregiata e certificata reperibile solo in questa area; le amministrazioni locali siano patrocinatori agli aderenti di un “progetto qualità del cotto a filiera corta" concedendo loro un segno di riconoscimento tangibile e spendibile nel mercato, oltre che pubblicizzare attraverso i canali comunicativi, chi è aderente al criterio qualitativo".
"Gli aderenti al “progetto qualità” – prosegue l'organizzazione sindacale – dovranno pertanto essere in regola con gli adempimenti contributivi e fiscali, oltre che sulla sicurezza e sul rispetto dei territori dove scavano e dove scaricano".
E ancora: "Dare visibilità al prodotto con iniziative del tipo “fornaci aperte”, o promuovendo convegni, con architetti di grido. Sviluppare la ricerca e lo sviluppo utilizzando le risorse europee, nazionali e regionali per l'innovazione ed abbassare così i costi delle imprese che investono; costituire un distretto; promuovere formazione finalizzata a bisogni del territorio e delle aziende".
Ovviamente, "la Fillea Cgil non si dimentica certo dei lavoratori già espulsi dai processi produttivi e chiederà che gli organismi preposti si attivino subito per monitorare le esigenze del territorio e di conseguenza includerli in veri progetti formativi finalizzati".
Questi infine i dati occupazionali delle aziende industriali del cotto (ovvero quelle che fanno i "numeri"), censiti dalla Fillea al 15 ottobre di quest'anno (escluso l'indotto stimato in altre 50/60 persone almeno): Sannini (50 addetti); Gusmano e Manetti (30 addetti); Vivaterra (32 addetti); Palagio Engineering (40 addetti); Pesci (11 addetti).
Per un totale di circa 163 persone occupate: "Negli ultimi quattro anni – dice ancora Fillea Cgil – sono diminuiti notevolmente gli addetti per mobilità volontaria, ma soprattutto per mancato turn-over (uscite per pensionamento e non coperte da nuove assunzioni). Sono diminuiti gli artigiani che erano in parte l'indotto (certamente oltre 100 persone fra produttori o venditori), delle stesse aziende e sono diminuiti i fatturati anche del 35-40%".
"Nel corso del 2013/14 – concludono – si esauriscono gli ammortizzatori sociali utilizzabili in alcune aziende e questo può determinare entro settembre 2013 licenziamenti, con o senza accordo sindacale. L'età media degli addetti è al di sotto dei 50/53 anni e questo rende difficile accordi di mobilità per il mancato accesso alla pensione, impossibili poi, in aziende che riducendosi, oggi hanno già meno di 15 dipendenti. O altre che rischiano di averne meno di 15 a breve".
di Matteo Pucci
© RIPRODUZIONE RISERVATA