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sabato 20 Aprile 2024
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    Ferrone, i volti di tre delle otto persone che vennero portate a morire ad Auschwitz: “Adesso ricordateli”

    Grazie al ricercatore grevigiano Nardo Bonomi, che non ha mai interrotto le ricerche sulla famiglia Calò-Spizzichino: e adesso vorrebbe al Ferrone una pietra d'inciampo, a futura memoria

    FERRONE (IMPRUNETA) – Nel Giorno della Memoria, grazie al ricercatore grevigiano Nardo Bonomi, possiamo pubblicare tre volti degli otto componenti della famiglia di ebrei catturati e deportati dal Ferrone ad Auschwitz.

    Sono la madre e uno dei figli CalòSpizzichino e la nonna Iride. Una ricerca attenta e scrupolosa quella di Bonomi, che a distanza di anni non si ferma e prevede nuovi sviluppi.

    Non ultimo la speranza di vedere porre una pietra d’inciampo proprio lì, al Ferrone, da dove questa famiglia è stata tragicamente portata a morire nel campo di sterminio.

    Bonomi nel 2004, dopo due anni di studi, presentò l’esito della ricerca all’allora sindaco di Impruneta, Ida Beneforti: “Ho trovato diversi documenti nell’archivio storico del Comune di Impruneta – disse ai tempi – i quali attestano in modo particolare il lavoro di due dipendenti comunali, che in quel periodo si occupavano di dare la “caccia” agli ebrei della zona, finalizzata all’identificazione e l’esproprio dei loro beni”.

    “Forse però – aveva proseguito – fu altro a fare scattare l’arresto dei Calò. Il capo famiglia si spostava spesso con la corriera per la sua attività commerciale. E un giorno, come raccontò un testimone importante al fine delle ricerche effettuate, (oggi deceduto, n.d.r.), durante un viaggio in pullman Fernando Calò ebbe un alterco con una fascista del luogo, nel quale si lasciò sfuggire una frase del tipo “Sono un italiano come voi… ora è finita con il fascismo”. Era il periodo dell’armistizio. Capì subito di avere commesso un’imprudenza, cercando di riappacificare la fascista. Ma non finì lì”.

    Prosegue Nardo Bonomi, raccontando quanto appreso all’epoca dal testimone, che abitava accanto alla casa dei Calò: “La mattina del 24 gennaio 1944 si presentò davanti alla casa dei Calò una camionetta con due fascisti a bordo: alla guida c’era una guardia comunale di Impruneta. Tra le urla e i pianti dei bambini, i fascisti arrestarono le sette persone che si trovavano in casa”.

    “Mancava Fernando Calò – proseguiva il racconto di Bonomi – che si era recato a Firenze. Lo stesso, rientrando al Ferrone, non trovò più i suoi familiari. Li andò a cercare e, probabilmente, si consegnò per ricongiungersi a loro”.

    Questo è quanto Bonomi era riuscito ad apprendere da testimoni oculari che avevano assistito agli eventi, oggi tutti scomparsi.

    “Il desiderio – ci dice oggi Bonomi – che non è solo mio, è che il Comune di Impruneta (come hanno già fatto in varie città e paesi), si impegni a porre al Ferrone le pietre d’inciampo, realizzate dall’artista tedesco Gunter Demning, ovvero blocchi in pietra ricoperti da una piastra di ottone con inciso i nomi dei deportati e posti davanti alle ultime abitazioni delle vittime”.

    Per capire com’è difficile ricostruire quei momenti storici a distanza di settantanove anni da quanto accaduto, abbiamo trovato un documento di Franco Ventura, vicepresidente della Comunità Ebraica di Firenze, letto in una seduta pubblica del consiglio regionale della Toscana il 27 gennaio 2021. Lo abbiamo sintetizzato.

    Era la mattina di lunedì 24 gennaio 1944 quando nella modesta casa in via Chiantigiana per Ferrone all’altezza del civico 157 si presentano i carabinieri della Stazione di Impruneta, l’ordine era di procedere alla cattura di un’intera famiglia di ebrei, i Calò.

    Una volta entrati in casa i carabinieri costatarono la presenza di altri ebrei, gli Spizzichino, così furono arrestati i membri di entrambi le famiglie e caricati su un automezzo, alla cui guida si trovava una guardia comunale del Comune di Impruneta e furono accompagnati in caserma.

    Questi ebrei erano arrivati da Firenze al Ferrone perché ritenevano il luogo più sicuro della città. La famiglia era composta da: Fernando Calò di professione venditore ambulante nato a Firenze nel 1912 di anni 32, la moglie Iride Spizzichino nata a Pitigliano (GR) nel 1905 di anni 39, i figli Mario Calò nato a Firenze di 6 anni, Sara Calò nata a Firenze di 2 anni, Fiorella Calò nata a Firenze di appena 4 mesi.

    Con loro c’erano anche Alfredo Spizzichino babbo di Iride nato a Pitigliano (GR) di anni 75, la moglie Fernanda Servi nata a Pitigliano (GR) di anni 69, e la figlia Rina di anni 24; inoltre era presente anche Sabatino Procaccia nato a Livorno di anni 36.

    Sempre secondo la versione di Franco Ventura i carabinieri, nel pomeriggio e insieme al segretario comunale, tornarono al Ferrone nella casa dei Calò. E procedettero al sequestro dei beni mobili.

    Requisendo una macchina per cucire Singer, cinque federe, tre lenzuola, due cuscini, tre coperte di lana, una carrozzina per bambini, due secchi per l’acqua, quattordici piatti, un insalatiera in terracotta, una bottiglia d’olio, due asciugamani, una sveglia, quattro lenzuola piccole per lettino.

    Ma non ci siamo fermati, perché abbiamo riscontrato che al Ferrone abita ancora oggi la signora Anna Maria Grifoni, novantenne che ha giocato insieme a quei bambini, ai figli dei Calò-Soizzichino.

    “I ricordi – ci racconta a distanza di quasi 80 anni – sono dei giochi che facevo insieme con loro, in particolare con Mario. Io avevo 10 anni, frequentavamo la scuola elementare del luogo”.

    “Si erano inseriti benissimo al Ferrone – racconta ancora Anna Maria – Mario era molto vivace, ricordo che un giorno al passaggio della corriera si aggrappò alla scaletta posteriore, la strada non era asfaltata, temevo che lo portasse chissà dove, ma a un tratto tra una nuvola di polvere lasciata dalla corriera sbucò lui saltellando”.

    “Se ricordo quando furono presi? No – risponde – ero piccola. Ricordo solo che il giorno dopo la loro cattura andai a cercarli per giocare: c’era un silenzio incredibile. Per noi bambini era un mistero la loro scomparsa. E’ stato un dolore quando ho saputo la verità: un dolore che porto ancora oggi dentro di me”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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