TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – Una storia che certo non può essere definita a lieto fine, quella di Rosetta e Lucia, sfrattate da casa dalla ex badante e da sua figlia con un minore a carico ormai sette mesi fa.
Infatti, anche se oggi mercoledì 21 dicembre è avvenuto lo sfratto delle donne abusive, Rosetta non ha potuto far ritorno a casa propria: è morta nella notte tra domenica e lunedì, lasciando sola sua figlia Lucia.
Riuniti davanti casa c'erano molte persone, in segno di rispetto di Rosetta e sostegno di Lucia: persone, tavarnuzzini che in tutti questi non hanno fatto mancare l'affetto alle due donne.
Oltre agli amici e sostenitori erano presenti anche i carabinieri, il medico, l'ufficiale giudiziario, avvocati, il fabbro e l'assessore alle politiche sociali Lillian Kraft.
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Tra la folla c'era anche il padre del minore, che non vedeva suo figlio da cinque mesi, per accertarsi che il bambino non fosse in casa.
Lo sfratto tuttavia non è avvenuto senza intoppi: la donna, rimasta sola in casa senza la figlia e il nipote, non ha aperto la porta di sua volontà, ed è stato necessario l'intervento del fabbro e dei carabinieri.
Dopo che la porta è stata buttata giù con un calcio come nei migliori film, la ex badante non si è data per vinta: si è gettata a terra, accusando un malore.
Improvvisamente, come in tutti i film che si rispettino, il colpo di scena: arriva anche la figlia e il nipote, suscitando non solo la reazione dei presenti, ma anche del padre del bambino, che reclama il suo diritto di padre sul figlio.
È necessario l'intervento dei carabinieri, perché i toni si alzano, l'atmosfera si surriscalda e l'unica vittima è il bambino che inizia a piangere convulsamente.
Nel frattempo, il medico legale, dopo un'accurata visita, non ha riscontrato alcuna anomalia nella ex-badante, e solo allora è stato possibile procedere con lo sfratto.
Anche se non è stato facile. La donna non ha voluto abbandonare la casa di sua spontanea volontà, ed è stata accompagnata fuori dai carabinieri con queste parole: "Io non mi vergogno, siete voi che dovete vergognarvi".
Anche fuori casa, la signora non molla la presa: si attacca alla ringhiera delle scale, grida, piange, si getta in terra, non ne vuole sapere di uscire: "Siamo in Italiaaaaa" e le sua grida rimbombano per tutto il condominio.
Finalmente, dopo quasi due ore di procedura di sfratto, e sette mesi, Lucia (presente sul posto) potrà rientrare in casa sua. Purtroppo senza sua madre.
Che non ha fatto in tempo a vedere la conclusione di questa incredibile, assurda, tragica e inaccettabile vicenda.
di Costanza Masini
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