TAVARNUZZE (IMPRUNETA) – Quando leggiamo sul giornale di famiglie in grave difficoltà, di padri di famiglia senza lavoro, di madri che accettano i turni di notte nonostante i figli e la casa, pensiamo che siano storie lontane mille miglia da noi e dai nostri piccoli paesi. Ma non è così.
Quella che vi stiamo per raccontare è una storia vera, una storia reale, una storia che farà riflettere tutti: giovani e anziani, genitori e figli, imprenditori ed operai.
Questa è la storia di Paolo Faviani e Debora Silvestre, residenti a Tavarnuzze, che da due anni stanno lottando con le unghie e con i denti per la loro famiglia, per i loro due figli.
“Voglio fare una premessa – ci dice Debora prima di iniziare questo doloroso racconto – se potessi evitare di finire sul giornale, di metterci la mia faccia, di far sapere al mondo intero la nostra situazione familiare lo farei".
"Se ho deciso di intraprendere questa strada – continua – è perché è la nostra unica speranza”. Ci confida con gli occhi lucidi e la voce spezzata: “Spero di non essere giudicata per questa scelta” conclude.
Tutto è cominciato due anni fa, “quando mio marito ha perso il lavoro” inizia. “Paolo è sempre stato un gran lavoratore, e questa cosa lo ha fatto a pezzi..
"Ma non è stato con le mani in mano” ci tiene a precisare “era disposto a fare tutto, si era candidato per ogni tipo di lavoro, ma non è servito a niente: ancora oggi è a casa” commenta avvilita.
“Se dunque, leggendo le mie parole, qualcuno avesse bisogno di un gran lavoratore – tiene a dire – sappiate che quello è mio marito, ed è disposto a far tutto pur di provvedere a noi”.
A causa della disoccupazione di suo marito, Debora è costretta a fare i turni di notte e alzarsi alle quattro del mattino “ma non sarebbe un problema, se non fossi invalida per il 60%”.
Debora infatti l’anno scorso, dopo un ricovero in ospedale per scompenso cardiaco con edema polmonare, ha scoperto di essere affetta da una cardiomiopatia e di avere una malformazione su una coronaria.
“È stata in questa maniera che ho scoperto di avere un cuore funzionante solo al 40%”. Ma la malattia non le è bastata per ritirarsi in casa, e ha continuato a lavorare perché “i miei 600 euro devono bastare un mese intero per quattro persone”.
Ma non è tutto: “Proprio in questi giorni abbiamo ricevuto la notifica di sfratto a 90 giorni: abbiamo tempo fino a settembre e poi ci butteranno fuori se non salderemo” ci racconta Debora sommessamente. “Me ne vergogno profondamente ma le opzioni sono due: o mangiamo o paghiamo le bollette”.
Alcuni aiuti sono arrivati dalla Caritas di via Faentina, in particolar da Giuseppe, che Debora tiene a citare e ringraziare dal profondo del cuore. Anche il Comune di Impruneta ha intrapreso azioni “una tantum”, che però, “per quanto siano apprezzate, purtroppo non sono sufficienti”.
Prima di concludere il nostro incontro Debora ci tiene a fare un appello al sindaco Alessio Calamandrei che “ho contattato molte volte, ma non mi ha mai voluta incontrare”. Ci racconta: “Ha sempre sostenuto di essere vicino ai suoi cittadini, adesso lo dimostri. Mi ascolti”.
di Costanza Masini
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