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martedì 8 Ottobre 2024
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    “Fra chiacchiere dei sindaci e polemiche la “vera” fusione tra Tavarnelle e Barberino langue”

    Abbiamo assistito in questi giorni  ad un nuovo match di parole sulla stampa tra i sindaci di Tavarnelle e Barberino(Baroncelli e Trentanovi) e le opposizioni (Bazzani), anzi ad una commedia che se non fosse seria ci farebbe ridere.

     

    La verità è che siamo fermi alla gestione dei servizi associati (che associati non sono…) cioè a circa 10 anni orsono. 

     

    Al di là delle parole ogni comune ha mantenuto i propri servizi  i propri uffici i propri assessori le proprie giunte a cui caso mai si è cercato e si sta cercando di aggiungere una super giunta, quella dell’unione del Chianti fiorentino, composta da alcuni degli stessi assessori e guidata a turno dai due sindaci.

     

    Oggi si dice tre sindaci dei comuni perché sembra che si sia aggiunto San Casciano e poi domani quattro, se si aggiungerà Greve in Chianti.

     

    L’unico dato positivo sembra essere quello del bilancio perché così facendo i Comuni ricevono maggiori finanziamenti dalla regione e nonostante tutto riescono a tener in piedi la baracca.

     

    Un elemento di chiarezza lo fa la lettera del sindaco Baroncelli pubblicato recentemente sul Gazzettino del Chianti che naturalmente ha scatenato le reazioni con motivazioni inconsistenti a mio modesto parere di Bazzani (opposizione a Barberino).

     

    Unico dato certo è che si farà il referendum sulla fusione… quando non è certo… e neppure chi lo vincerà… . 

     

    Ma quale referendum quello fra Tavarnelle e Barberino oppure quello tra i tre comuni (cioè con San Casciano o tra i quattro comuni cioè anche con Greve?).

     

    Scusate ma il Chianti non è un'area geograficamente omogenea riconosciuta territorialmente e ben caratterizzata? (Vi invito a leggervi il libro del professor Moretti “Per una definizione spaziale del territorio chiantigiano” recentemente edito da Polistampa). 

     

    Questo poiché l’Unione anche amministrativa dei territori deve partire da prinicipi di solidità, omogeneità e deve non snaturare ma anzi meglio accrescere e potenziare i "localismi positivi“ che ogni territorio può dare all’insieme.

     

    Ed allora occorrono regole comuni sui servizi, accorpamenti che portino risparmi nella gestione amministrativa, programmazione per l’intero territorio in cui le piccole realtà hanno tutto da guadagnare e non da perdere. E un grosso lavoro di informazione e dibattito verso tutti i cittadini su questi temi.

     

    Certo non possiamo far notare come in tutto questo sia mancata e manchi tutt’ora la voce della politica e dei partiti local . Perché se non mi sbaglio si va ancora a votare per eleggere le nostre amministrazioni nonostante il tentativo più o meno condivisibile  di tornare a sistemi simili a quelli di regime o del podestà.

     

    Quindi l’unione dei comuni deve essere una grande operazione  di democrazia e di  crescita di partecipazione di cittadini che metta insieme le forze per andare verso unioni più grandi quale dovrà essere l’Europa del domani in un mondo multiculturale ed in pace.

    di Rino Capezzuoli

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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