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venerdì 19 Aprile 2024
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    “San Gimignano e… quel tipo di turismo. Ma perché (e come) siamo arrivati a questo?”

    "Aggiungo alcune considerazioni in merito all'editoriale del direttore del Gazzettino del Chianti..."

    Riferendomi all’editoriale del 18 aprile nel quale Matteo Pucci mette in evidenza le tante problematiche di un paese votato, ormai da molti anni, al turismo, come la bella San Gimignano, devo rilevare che, almeno secondo me, ha solo colto un aspetto, anche se importante, delle questioni legate al turismo, mi sento quindi, per quello che può valere la mia opinione, di aggiungere alcune considerazioni.

    # Una Pasquetta a San Gimignano: appunti per quel che non dovrà (mai) essere il Chianti

    Purtroppo, come giustamente detto nell’articolo, ormai è un problema che riguarda non solo le grandi città, anche se in queste con aspetti macroscopici, ma ormai anche i centri minori, dove è stata consentita negli ultimi anni una “conformazione socio-commerciale” a scapito di scelte più appropriate e lungimiranti.

    Devo dire che concordo pienamente con l’analisi e la valutazione fatta.

    Premesso che quando vado in giro per turismo cerco di farlo nei periodi meno affollati possibile, e solo per ammirare le bellezze naturali, o storico-artistiche e architettoniche dei paesi o le città in cui mi reco, e le “botteghe”, molte delle quali espongono solo ninnoli e cianfrusaglie, sono una delle cose a cui do poco interesse.

    Mi sembra però che nell’editoriale del Pucci non sia stato messo in risalto un aspetto che credo sia essenziale, e cioè: come mai siamo arrivati a questa situazione e quali sono stati i motivi che hanno portato verso queste scelte.

    Non sono un antropologo né un sociologo, e non voglio dilungarmi in analisi dalle quali non saprei poi uscirne se non dicendo cose inesatte, ma siccome in questi ultimi anni, anzi decenni, ho avuto modo di vedere il continuo e inesorabile appiattimento della società, non solo italiana, verso tipologie di attività imprenditoriali legate soprattutto al turismo, selezionato o di massa che sia, a scapito di attività come l’industria o l’artigianato.

    Posso quindi affermare che siamo, purtroppo, giunti anche a questa situazione perché nel nostro Paese il turismo, e tutto ciò a cui conseguentemente è legato, è divenuto uno dei pochi settori, se non l’unico, che riesce a creare posti di lavoro e smuovere enormi capitali, producendo quindi benessere per tutti, o almeno per quelli che vi gravitano intorno.

    Quello che purtroppo succede, come in questi due ultimi anni con la pandemia e ora con la guerra, al momento in cui questi flussi vengono interrotti, il sistema ne risente enormemente, rischiando di crollare.

    Ciò nonostante nelle città o paesi a spiccata vocazione turistica come Firenze o San Gimignano, tanto per prendere a esempio alcuni luoghi citati dal Pucci, si preferisce incentivare il commercio, e quindi l’apertura di attività legate al turismo, attirato in gran numero dalle bellezze storiche e artistiche presenti nel territorio, senza che venga considerato minimamente cosa queste esercizi poi alla fine offrono al turista che li visita.

    Senza peraltro prendere in considerazione un diverso sviluppo, che sicuramente andrebbe a scapito di qualcuno, ma che renderebbe quel territorio un luogo più vivibile anche per i cittadini che vi abitano.

    E’ comunque pur vero che l’Italia è un paese ricco di bellezze naturali, storiche e artistiche, e quindi, come si suol dire, a spiccata vocazione turistica, ma questo non può e non deve essere uno motivo che prelude ad un inevitabile degrado.

    Mauro Muscas

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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