Da chiantigiano, fiorentino e toscano, da alcuni mesi ho ripreso a girare la nostra splendida regione. “Approfittando” di questi tempi un po’ così per un turismo a corto raggio che negli anni non avevo più percorso.
Riscoprendo per l’ennesima volta Pisa, Siena, Arezzo, Livorno, Lucca, la stessa Firenze. Ritrovando le stesse virtù e, in molti casi, gli stessi vizi. In alcuni casi (Arezzo e Lucca in particolare) anche piacevoli sorprese.
E allora oggi, Pasquetta 2022, nei giorni che più di altri rappresentano la ri-accensione del turismo nella nostra regione, sono andato a San Gimignano.
“Scoprendo” l’acqua calda. Ovvero quello che (spero) non diventerà mai il Chianti. I suoi paesi. Le sue comunità.
Che, oggettivamente, solo in minima parte, sono ad oggi interessate dalle modalità di turismo che si possono notare a San Gimignano.
Che è splendida. Ben tenuta, pulita. Niente da dire su questo. Anzi, non vorrei che queste poche righe fossero considerate una sorta di “invettiva”, non è mia intenzione e non ne avrei motivo.
Vorrei invece che fossero, da chiantigiano, un post-it per il nostro di territorio.
E se è vero che oggi, in questa Pasquetta di “rinascita”, magari ha calamitato maggiore flusso, è altrettanto vero che si è trattato, a ritmi normali, di un numero di presenze tipico.
E allora la sensazione, dopo le quattro-cinque ore passate nel centro storico (pranzo compreso) è quella di un luogo meraviglioso che però, dopo un po’, inizia a essere pesantemente sovrapponibile a quel che possiamo vedere a Firenze, Siena. E perde (anche) di fascino.
Sto ovviamente parlando della conformazione socio-commerciale che è stata consentita negli anni (almeno gli ultimi due-tre decenni).
Sfilate di negozi e attività commerciali al 70% uguali a loro stesse e a quel che si vede, appunto, nelle grandi città del turismo di massa.
In alcuni momenti l’impatto è tale che San Gimignano somigliava più a Milano, dove sono stato sabato e domenica scorsi, che a San Casciano o Greve in Chianti.
Certo, ci sono anche angoli di creatività, botteghe artigiane, atelier d’arte, bar e negozi per davvero tipici. Ma sono eccezioni, non regola.
Lo so e lo capisco, i numeri (intesi come turisti in entrata) che porta con sé San Gimignano sono enormi. Gli interessi elevati.
La sensazione è però che nella loro gestione (politica, sociale, comunitaria) si sia scelto la via più breve. Che è stata quella di “scopiazzare” quel che è accaduto nelle grandi città turistiche.
Non so se e come si potesse fare qualcosa di diverso. Quanto si potesse incidere. Forse un po’, mi viene da pensare, sì. Altrimenti, dico, cosa si fa politica a fare? Dove sta la bellezza di poter incidere nel presente e nel futuro?
Ecco, sperando in una Pasqua di rinascita per il nostro turismo, in un futuro che porti ancor di più persone da ogni parte del mondo nel nostro Chianti, mi sento di chiedere una cosa ai “nostri” di amministratori.
Abbiate, se potete, più fantasia. Creatività. Lungimiranza. Autenticità. Non scegliete la strada più breve, o già percorsa da altri.
Perché non è così che vorrei sentirmi passeggiando per le strade di Radda, San Casciano, Castellina o Gaiole in Chianti.
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