SAN CASCIANO – La notizia dell’uccisione dell’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacobacci e dell’autista Mustapha Milambo, avvenuta lunedì 22 febbraio durante un agguato nel villaggio di Kibumba, a pochi chilometri da Goma, città della Repubblica Democratica del Congo, è arrivata come un fulmine a ciel sereno anche a San Casciano.
Colpendo in modo particolare due sancascianesi, Tiziano Ancillotti e Paolo Mattioli. Che in occasione della Pasqua di due anni fa avevano conosciuto, proprio all’interno dell’ambasciata in terra congolese, Luca Attanasio.
Incontro che avevano avuto l’occasione di fra coincidere alla loro partecipazione in aiuto della Missione in Langonia, in un villaggio della foresta equatoriale, dove vi è la diocesi di don Crispino (Crispin Otshudiema).
Che è stato pro parroco nella Propositura Collegiata di San Cassiano, insieme al proposto don Massimiliano Gori, per alcuni anni prima di fare ritorno in Congo).
Lasciando un segno e un buonissimo ricordo a San Casciano, dove sono in tanti i fedeli a donare aiuti alla Missione.
Tiziano, Paolo, come avete appreso la notizia dell’attentato?
“Stavo seguendo una trasmissione in televisione – risponde Tiziano – quando in chiusura hanno dato la notizia della morte dell’ambasciatore e delle altre persone. In un primo momento non ho ben realizzato, ma quando hanno fatto vedere la foto dell’ambasciatore Luca Attanasio sono rimasto colpito, tanto che ho chiamato subito Paolo per comunicarglielo”.
Perché eravate andati all’ambasciata?
“Fu don Crispino a dirci di andare a salutare l’ambasciatore a Kinshasa, che dista dal villaggio circa 2.000 km. Ricordo che prendemmo un piccolo aereo per raggiungere la capitale: fummo accolti con vero piacere dall’ambasciatore che volle sapere il motivo della nostra visita, ci fece accomodare nel suo appartamento privato e, prima di lasciarci, ci invitò a tornare a trovarlo prima che facessimo ritorno in Italia”.
Con lui era presente anche il carabiniere Vittorio Iacovacci?
“No, c’era un carabiniere di Roma che era lì in servizio da quattro anni: a sostituirlo, a settembre del 2019, era stato il carabiniere rimasto ucciso”.
Quando tornaste?
“Volle vedere le foto che avevamo fatto nel villaggio di don Crispino, poi prendemmo un buonissimo caffè e ci facemmo una foto insieme salutandoci”.
Che sensazione vi lasciò?
“Una bravissima persona, cordiale, alla mano. Era molto giovane e volenteroso nel portare avanti il suo compito. Siamo davvero dispiaciuti di quanto è successo”.
Tornerete nella Missione di don Crispino?
“Non vediamo l’ora! Ci sono tante cose da fare, persone da aiutare. Purtroppo con questa pandemia i tempi si sono allungati: abbiamo un carico già pronto con tanto materiale donato dai sancascianesi, speriamo di poter ripartire prima possibile”.
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