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giovedì 25 Aprile 2024
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    “Avevo 5 anni”: i ricordi di Giuliano Vermigli di quando il nonno Donato venne fucilato dai tedeschi

    "La mattina del 26 luglio passò una donna che, vedendo gli uomini fuori dalla casa, disse che in cima al Tondo c’erano quattro morti. Mileno iniziò a strapparsi i capelli..."

    SAN CASCIANO – Giuliano Vermigli è nato a San Pierino, al podere Cortevecchia: con la famiglia erano dei mezzadri della fattoria Le Corti.

    Quando il nonno Donato Vermigli, nato a Greve in Chianti il 23 aprile 1877, fu ucciso dai soldati tedeschi al Tondo de Le Corti il 25 luglio 1944, Giuliano aveva quasi cinque anni.

    Lo abbiamo incontrato a casa di Alessandra, sua parente: “La mattina del 24 luglio vidi dalla finestra che la famiglia Bandinelli, che abitava vicina a noi, stava andando alla casa del “Ciappa”. Non capivo cosa stesse succedendo: così mi affacciai dall’altra finestra che dava sulla corte e vidi due tedeschi armati di mitra”.

    “Il mio babbo cominciò a dire che dovevamo andare via – sono ancora parole di Donato – mentre la mia mamma prese un sacco di pane e se lo mise sulle spalle. Così, tutti in fila (io, il mio babbo Giovanni, la mamma Dina Cappelli, Bianca Papi, la nonna Enrichetta, il nonno Donato, lo zio Beppe e Carlo, Enzo che aveva più un anno di me, ci trovammo in strada con l’altra famiglia, i Taddei (Pasquale, Guido, Mileno, Renzo, Mario, Renza, Annina)”.

    “Ci misero in fila – è ancora il ricordo di Giuliano, allora bambino – e accompagnati dai tedeschi ci portarono alla fattoria de Le Corti. Arrivati, ci venne incontro un uomo con un pistolone tutto vestito di nero e ci gridò: “Via, a Firenze!”. Tra noi c’era chi piangeva, chi si disperava, non sapevamo a quel punto proprio dove andare: decisero di andare verso Mercatale, Firenze era troppo lontana e non sapevano in quali rischi potevamo andare incontro”.

    “Scendemmo per il Tondo – è ancora il ricordo, nitidissimo, di Giuliano – e in fondo alla discesa, davanti al podere le Fonti, ci vide il Callaioli. Che ci offri di andare nella loro casa: “Venite qua, più siamo e più coraggio ci si fa”. Accettammo di fermarci lì”.

    Ma, purtroppo, era solo l’inizio: “Nel pomeriggio sentimmo bussare alla porta, il Callaioli va ad aprire e si trova davanti un tedesco. In mano aveva un elmetto pieno di ciliegie. Parlava un po’ l’italiano, così il Vermigli e i Taddei gli chiesero se era possibile per loro tornare alle proprie case, per andare a dare da mangiare alle bestie. “Sì!” esclamò il tedesco, facendo capire che li avrebbe accompagnati al comando della fattoria de Le Corti”.

    “Non so perché non andarano il mio babbo e nemmeno il mio zio – si chiede ancora oggi Giuliano – Può darsi che si sia offerto mio nonno Donato, che era il più anziano, mentre per i Taddei andarono Pasquale e Guido. Ma la sera non fecero ritorno a casa. La mattina del 26 luglio passò una donna che, vedendo gli uomini fuori dalla casa, disse che in cima al Tondo c’erano quattro morti. Mileno iniziò a strapparsi i capelli, Carlo passò lungo il muro e quando vide il suo babbo ucciso, tornò in fondo alla casa a forza di ruzzoloni”.

    Verso le celebrazioni del 25 aprile a San Casciano, vi raccontiamo l’eccidio de Le Corti: era il 25 luglio 1944

    Le immagini sono stampate a fuoco vivo nella mente, anche 79 anni dopo: “Pasquale, Donato e fra Ruffino erano a ridosso del muro davanti al cancellone. Mentre Guido, che probabilmente tentò di scappare, fu trovato a quattro o cinque cipressi di distanza dagli altri corpi. I tedeschi non toccarono nulla, ricordo che mio nonno aveva sempre i soldi in tasca”.

    “Se sentimmo il rumore della mitragliatrice quando furono uccisi? No, non sentimmo sparare – risponde sicuro – eravamo tutti chiusi in casa. Ricordo che la notte stessa furono portati i Taddei e mio nonno Vermigli al cimitero di San Pierino: erano stati avvolti in dei lenzuoli e sepolti separati tra delle assi di legno”.

    I giorni seguenti furono terribili: “Non ricordo quanti giorni siamo stati ospiti dai Callaioli, prima di tornare al Podere Cortevecchia, ma quando i miei decisero di tornare a casa non prendemmo la strada principale, per evitare di passare davanti alla fattoria, ma passammo attraverso i campi fino alla fonte di Marzocco, per poi risalire fino alla casa. Arrivati, trovammo cassette di munizioni da guerra sparse ovunque: in più, intorno al campo erano stati messi dei fili per segnalare la presenza di mine, in parte sotterrate. E abbandonato davanti a casa c’era rimasto anche un carro armato”.

    “Fummo costretti così a tornare indietro – sono ancora parole di Giuliano – e trovammo ospitalità alla chiesa di San Piero di Sotto, dalla famiglia Zecchi. Dormivamo accanto alla sacrestia. Fu difficile ritornare ad affrontare la vita di tutti i giorni dopo la guerra, ma con grande dignità riuscimmo a ripartire”.

    Ma le sorprese non sono finite. Alessandra da un’antica scatola tira fuori dei frammenti di storia: vecchie foto di Donato Vermigli, della moglie, oltre a una pergamena con una medaglietta d’oro.

    Fu il Comune di San Casciano che, in occasione del ventesimo anniversario della liberazione, concesse a tutti i suoi martiri una pergamena con una Medaglia d’Oro alla memoria. La motivazione: “Inerme cadde sotto il piombo nazista per feroce ed inumana rappresaglia nei giorni della liberazione del nostro Comune. Sancasciano, 26 Luglio 1964. Il Sindaco Remo Ciapetti”

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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