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venerdì 19 Aprile 2024
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    Verso le celebrazioni del 25 aprile a San Casciano, vi raccontiamo l’eccidio de Le Corti: era il 25 luglio 1944

    In 4 furono uccisi dalle raffiche tedesche. La ricostruzione grazie alle testimonianze raccolte dal "Progetto Irene": domani entreremo ancora più nei dettagli. Mai dimenticare. Mai

    SAN CASCIANO – Pasquale Taddei aveva 68 anni. Il figlio, Guido Taddei, ne aveva 44. E aveva moglie e tre figli.

    Il 25 luglio 1944, a pochi giorni della liberazione di San Casciano, furono uccisi da soldati tedeschi al “Tondo” de Le Corti, lungo la strada che porta alla Calcinaia e, poi, a Mercatale.

    Erano mezzadri della fattoria de Le Corti i Taddei. E abitavano in un grande casolare in località Cortevecchia, fra San Pierino (San Piero di Sotto) e Le Corti, insieme alla famiglia Vermigli.

    Purtroppo non siamo riusciti a rintracciare nessun erede dei Taddei, famiglia che pare sia andata via da San Casciano nel dopoguerra.

    A prendere alcune (decisive) testimonianze fu però il Comitato per la Memoria, “Progetto Irene”, nel 2003. Grazie a questo prezioso documento possiamo ricostruire cosa avvenne.

    A raccontarlo furono Silvano Callaioli, Mileno Taddei, Renzo Taddei e Corrado Fagotti.

    “Erano circa le 11.30 del 24 luglio 1944 – questo il racconto di Mileno Taddei – quando arrivarono dei tedeschi alla nostra casa. E, pistola alla mano, ci intimarono di uscire fuori. All’interno c’ero io, che camminavo con delle stampelle, insieme a mia madre. Mentre mio nonno e mio padre (con i miei fratelli) si trovavano fuori”.

    A prendere la parola è Renzo Taddei: “I tedeschi non ci permisero di rientrare in casa e, scalzi e con pochi vestiti addosso, ci misero in fila e insieme alla famiglia dei Vermigli e dei Bandinelli, detti “Sardella”, che abitavano poco distanti alla casa chiamata Colombaia. E ci portarono verso la fattoria de Le Corti. Da lì ci lasciarono, dicendo di allontanarci. Non sapendo dove andare prendemmo la strada per Mercatale: e quando ci trovammo a passare sotto la casa dei Callaioli, Egisto Callaioli ci vide e ci invitò da loro”.

    Aveva proseguito Silvano Callaioli: “Noi abitavamo al podere Le Fonti, nella colonica che si trova in fondo alla discesa de Le Corti. Mio zio, che conosceva bene queste famiglie e avendo notato in giro il movimento dei soldati tedeschi, li chiamò e li ospitò tutti in casa. La mattina dopo, il 25 luglio 1944, Pasquale e Guido Taddei, insieme a Donato Vermigli (che tenevano molto alle bestie lasciate nella stalla, un patrimonio essenziale essendo una forza necessaria per condurre il lavoro nei campi), dissero che dovevano tornare alle proprie case per dare del fieno e dell’acqua ai bovi. Il mio babbo e i “Sardella” insistettero perché non si muovessero di casa”.

    “E’ troppo pericoloso, i tedeschi in ritirata sono cattivi, vi sparano!” gli fu detto.

    Fu l’inizio della fine, “ma ci fu un fatto che fece precipitare tutto – sono ancore le parole raccolte da Silvano Callaioli a raccontarci i fatti – Successe che una pattuglia di tedeschi giunse alla casa vicina, dove abitava la famiglia Fagotti, con l’intento di minare la casa. E ordinarono lo sgombero di una loggia: sotto c’erano un paio di bovi di Luigi Bandinelli, che era venuto a casa nostra dopo avere portato proprio i buoi alla casa del Fagotti”.

    “Intorno alle 15 del 25 luglio – aveva proseguito Mileno Taddei – i tedeschi, che avevano preso possesso della casa dei Fagotti, mandarono a dire al proprietario dei buoi (Bandinelli), di andare a prenderli perché sotto la loggia davano fastidio. Così fece. In questo frattempo, sia mio padre e sia mio nonno, con Donato Vermigli, dopo aver ascoltato che i tedeschi permettevano di andare a riprendere i buoi del Bandinelli, vollero andare anche loro”.

    Pasquale e Guido Taddei, insieme a Donato Vermigli, si fermarono dunque a parlare con i tedeschi. Per ottenere il permesso e poter andare alle loro case: per dar da mangiare agli animali e prendere qualcosa per vestirsi e da mettere sotto ai denti.

    Non sappiamo cosa avvenne durante questo colloquio. La cosa certa è che i tre furono portati alla fattoria de Le Corti, al comando tedesco.

    “Verso le 18.30 del 25 luglio – è ancora la testimonianza di Mileno Taddei – sentimmo delle raffiche di mitra. Non sapevamo cosa stesse succedendo, ma non vedendo ritornare a Le Fonti i nostri, il pensiero era che poteva essere successo qualcosa di tremendo. Passammo la notte nell’angoscia”.

    Aveva poi ripreso la parola Silvano Callaioli: “Intorno alle 21 si sentì un’altra raffica di mitra provenire dal Tondo de Le Corti”.

    Oltre ai Taddei e al Vermigli infatti, quest’altra raffica di morte era stata destinata a Fra Ruffino, 41 anni, del vicino convento dei Padri Cappuccini.

    “Fu un passante a vedere quei corpi dietro al muro – questo il ricordo di Corrado Fagotti – così venne ad avvisarci. Erano le 18.30 circa del 26 luglio 1944, quando ci organizzammo con la famiglia Callaioli per andare a prendere le salme dei quattro fucilati”.

    “Dopo avere trovato dei carretti – aveva concluso – li depositammo sopra, e li portammo nella stanza della falegnameria della fattoria de Le Corti, dove lì passarono un’altra notte (Fagotti parla di tre salme, quella di Fra Ruffino fu portata al convento dei Cappuccini, n.d.r.). E la mattina del 27 luglio furono portati al cimitero di San Pierino. I corpi furono messi fra tre assi di legno e seppelliti a ridosso del muro di cinta del cimitero: tra la disperazione dei propri cari e conoscenti”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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