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giovedì 25 Aprile 2024
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    “Il Covid mi ha segnato per sempre: con quelle cicatrici nei polmoni non sarò più come prima”

    La testimonianza, da San Casciano, di Sandro Generini: "Ho 63 anni, fisicamente prima del virus ne dimostravo 50. Poi siamo stati contagiati: io, mia moglie e i miei figli..."

    SAN CASCIANO – Sandro Generini è uno dei soci e amministratori del centro sportivo Aquatica di San Casciano, dotato di piscina e palestra. Insieme ai soci gestisce altri grandi impianti sportivi tra cui Massarosa e Rignano.

    Si è ammalato di Covid-19 pochi mesi fa: siamo andati a trovarlo, per ascoltare la sua esperienza e la sua testimonianza.

    Un punto di osservazione importante sulla malattia e su ciò che oggi porta con sé. Sul green pass per tutto il mondo dell’imprenditoria, nel mondo dello sport e non solo.

    Sandro, può raccontarci la sua esperienza?

    “Premetto subito che sono una persona che ha sempre fatto, in tutta la vita, sport di vario genere e attività in piscina. Mai fumato. Ho 63 anni ma, certamente, prima del Covid in condizioni fisiche di un cinquantenne. Mai avuto patologie di nessun tipo. Stavo conducendo una vita molto attenta al tema Covid. Da mesi i centri sportivi erano completamente chiusi e la mia unica distrazione e le mie uniche uscite erano andare a controllare gli impianti vuoti e fare passeggiate nei boschi, dove probabilmente la persona più vicina era a un km. Della spesa si occupava mia moglie quindi davvero infinitesimali probabilità di contrarre il virus”.

    E allora, ha capito come è avvenuto il contagio?

    “Il giorno di Pasqua, come era concesso della normativa del periodo, sono venuti a trovarci due parenti per pranzo. Si è scoperto a breve che uno di questi parenti era stato contagiato in ufficio, da una persona che non l’aveva fatto presente. Siamo stati contagiati tutti dalla variante nordafricana. Sottolineo, tutti: mia moglie, mia figlia, mio figlio ed io. Mia moglie e mia figlia, essendo insegnanti, per fortuna erano già state vaccinate, tra l’altro col tanto discusso AstraZeneca. I sintomi per entrambe sono stati più lievi, un raffreddore e qualche linea di febbre. Per me e mio figlio, non vaccinati, la storia è stata un’altra”.

    Che cosa è successo quando avete scoperto di aver contratto il Covid?

    “Mio figlio Giovanni, 27 anni, che di mestiere fa l’atleta, professionista in seria A di pallanuoto, non fumatore e che mai aveva avuto in vita sua una qualche patologia, è finito in pochi giorni in ospedale. Aveva già i suoi polmoni compromessi al 50%. Ci è rimasto 10 giorni.
    Per quanto riguarda me sono stato ricoverato con il 90% dei polmoni compromessi. Ho passato 15 giorni in terapia sub-intensiva, 15 giorni dentro al casco che ti stordisce dal rumore. Isolato completamente dal resto del mondo. Senza poter avere contatti con la famiglia, per la quale ovviamente ero profondamente preoccupato. Non puoi parlare, non puoi bere, non puoi mangiare. Le braccia sono immobilizzate per via delle numerose flebo per le cure, la morfina, il cortisone, l’idratazione e l’alimentazione. Difficile dormire sia per il fatto che si sta male e non si respira, sia per i pensieri che non ti lasciano mai. Dolore, paura, arrabbiatura. Ho rischiato seriamente di morire. Le probabilità di guarigione erano intorno al 30%”.

    La sentiamo ancora parlare a tratti con affanno: cosa è successo dopo? E come sta?

    “Tolto il casco ho fatto un altro mese di ospedale. Tornato a casa sono andato avanti un altro mese ancora attaccato all’ossigeno, e ho dovuto poi fare tutto un percorso di riabilitazione polmonare. Ora mi sento abbastanza bene. Riesco a fare una vita quasi normale la mattina. Il pomeriggio invece le cicatrici ai polmoni, che si vedono anche dalla tac e che impediscono il buon funzionamento degli alveoli, si fanno sentire e creano una spossatezza importante. Purtroppo parte dei polmoni è compromessa per sempre e io non sarò mai più come prima. Ma se penso che stavo per rimetterci la vita direi che non posso dire altro che ora sto benino.
    Poi le conseguenze psicologiche sono un altro discorso, e tutte estremamente personali. Ma di certo il Covid cambia la vita e le priorità di chiunque. Se arrivi così vicino al non farcela e alla morte, o la vedi passare nel letto accanto, non sei più la stessa persona”.

    Perché ha deciso di parlare? Di raccontare la sua vicenda?

    “Quattro persone non fanno statistica, ma su quattro persone i due vaccinati se la sono cavata con una sorta di raffreddore e una piccola influenza. Gli altri due, mio figlio ed io, quasi ci hanno rimesso la vita, con la salute in parte compromessa per sempre. E dico questo sperando che possa essere la base di una seria riflessione per chi è novax e per chi ancora nega il Covid e la sua gravità”.

    Cosa pensa quindi da imprenditore sul green pass? Sulle polemiche che ci girano intorno?

    “Il green pass è una certificazione che quanto meno ci dice che tu hai fatto tutto quanto in questo momento sia necessario (e possibile) per tutelare te e chi ti sta vicino. Il 200% in più di richieste di vaccinazione nel momento in cui è stato introdotto è di per se già un successo, perché vuol dire che le persone fino ad ora più “negazioniste”, in un modo o in un altro si stanno sensibilizzando. Il green pass non è una privazione di libertà. Una privazione di libertà, nel nostro Paese, sarebbe dover andare all’ospedale presentando la carta di credito. Provo a fare una riflessione: se io mi metto il casco, obbligatorio per andare sullo scooter, è forse una privazione di libertà? Nessuno ha mai protestato in piazza per il casco. E per di più se io comunque decido di non metterlo non vado certo a danneggiare il prossimo, ma eventualmente danneggio solo me stesso. Perché civilmente si accetta il casco ma non si deve accettare il green pass? Incomprensibile”.

    Lì da voi come funziona?

    “Siamo certi che, nonostante ancora vada messa a punto la questione dei controlli dei documenti per impedire ai furbetti dei fare i furbi, appunto, ritengo che sia una modalità di contenimento valida e che potrà consentirci, a noi, come a tante altre attività, di rimanere aperti. I possessori di green pass trasmettono positività nel mostrarlo e fino ad ora, benché obbligatorio da pochi giorni, qua da noi non ci risultano furbetti. Quindi secondo me l’obbligatorietà del green pass è correttissima”.

    Cosa si sente di dire, quindi, in conclusione?

    “I vaccini ci sono per tutti quindi tutti potranno vaccinarsi senza scuse di sorta. Sono certo che il green pass ci aiuterà a stare aperti, e ricordo che noi dello sport siamo stati chiusi molto più degli altri. Io poi, che l’ho avuto il Covid, mi permetto di dire che gli effetti collaterali dei vaccini valgono abbondantemente il rischi,o se questo può evitare di prenderlo come l’ho avuto io. Vaccinatevi. Fate quello che c’è da fare per stare attenti. Può davvero capitare a tutti”. 

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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