SAN CASCIANO – Era il 13 gennaio 2012. Erano le 21.45 (circa). Quando la nave da crociera Costa Concordia, con a bordo più di quattromila persone fra turisti ed equipaggio, impattò contro gli scogli delle Scole, davanti all’Isola del Giglio. Rovesciandosi poi su un fianco, a circa 500 metri dal porto.
Le vittime furono 32, nonostante l’immediata la corsa per soccorrere più persone possibili. Non solo in quelle terribili ore, ma anche nei giorni successivi: perché nel ventre della nave ci poteva essere qualcuno rimasto intrappolato.
Tra i vigili del fuoco in azione in quello scenario surreale c’era anche un sancascianese, il capo squadra Maurizio Falciani, che raggiunse Grosseto sull’elicottero “Drago”. E da lì arrivò all’Isola del Giglio.
Dove, il giorno dopo, con la sua squadra (erano in sette) riuscì a trovare una giovane coppia di coreani, in viaggio di nozze sulla nave. Per un salvataggio incredibile ed emozionante.
Maurizio, oggi ricorre il decimo anniversario della tragedia del Giglio, sono ancora vivi in lei i ricordi di quei giorni?
“E’ impossibile dimenticare. Quella notte entrammo nella “pancia” della Costa Concordia, il mare era gelido e scuro, sapevamo che potevamo trovare persone ancora in vita all’interno della parte asciutta. Io ero a capo della prima squadra Saf dei vigili del fuoco: intorno alle 23.30 ci fermammo, dalla radio comunicai a terra che avevo sentito qualcosa”.
Quali immagini le tornano alla memoria?
“L’interno, un vero labirinto. Ci si muoveva male, ogni punto riferimento era rovesciato, si doveva farci spazio tra la roba per passare, i corridoi erano diventati pozzi semi sommersi con venticinque metri di acqua. Eravamo al termine delle sei ore di turno, a breve avremmo avuto il cambio. Provammo a chiamare un’ultima volta: “C’è nessuno?”. E nell’attesa ecco una voce flebile! Riprovammo a chiamare più forte: “C’è nessuno?”. Oltre alla voce percepimmo il fischio in dotazione ai giubbotti di salvataggio”.
E dopo?
“Non era assolutamente facile capire il punto esatto. Intanto la stanchezza si faceva sentire, ma la forza di trovare qualcuno in vita era più forte. Tutta la squadra si mobilitò, io sbucai al ponte 8 mentre gli altri mi mantennero in sicurezza, illuminai con la torcia ed ecco che, a circa otto metri di distanza, nel corridoio, vidi una donna e un uomo”.
Chi erano?
“Giovani, in viaggio di nozze, non parlavano italiano, erano coreani. Ci capimmo a gesti, nel frattempo mi raggiunsero anche gli altri della squadra, gli lanciammo una corda con dei moschettoni che dovevano agganciare al corrimano del corridoio. Le ultime fasi, poi la presa di entrambi. Era fatta, erano salvi!”.
A che cosa ha pensato in quel momento?
“Ai miei figli, poi ho ringraziato il Signore”.
In questi dieci anni ha incontrato la coppia salvata?
“No, ma va bene così”.
Il gesto di Maurizio Falciani e della sua squadra è stato riportato anche nel libro “Mai più Concordia. La storia dei piani rovesciati raccontata da chi è entrato nel ventre maledetto” (Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri) di Luca Cari.
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