SAN CASCIANO – Le prime pagine e le locandine dei quotidiani fiorentini di oggi, mercoledì 26 luglio, hanno sbattuto per l'ennesima volta in faccia ai chiantigiani, e in particolare ai sancascianesi, l'ennesima "pista" nella storia infinita delle indagini sui delitti del mostro di Firenze.
La "pista nera" è stata definita, e il motivo è semplice: secondo questa ipotesi investigativa, alla quale sta inadagando lo "storico" pm del mostro, Paolo Canessa (aiutato dal collega Luca Turco), i delitti sarebbero stati commessi per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica fra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Ottanta.
La cosidetta "strategia della tensione", messa in atto in questo caso… uccidendo coppiette. Con la conseguente attenzione spasmodica da parte dei media.
Al centro di tutto l'intuizione di un avvocato, Vieri Adriani (che rappresenta i familiari di Nadine Mauriot, vittima nell'ultimo duplice omicidio, quello nella piazzola degli Scopeti nel settembre del 1985): fu lui, alcuni anni fa, in un esposto a parlare per la prima volta della "pista nera".
Una pista ripresa in mano da Canessa, in un gioco dell'oca che ha visto gli inquirenti tornare all'inizio del giro una quantità infinita di volte.
Una pista che ha portato l'attenzione su un pensionato pratese di 87 anni: un uomo che ha militato nella Legione Straniera, di Vicchio come Pietro Pacciani, per il quale si lavora su legami con il mondo dell'eversione e dei servizi segreti.
L'ESUMAZIONE – Di Pietro Pacciani, il 16 luglio 2013
Omicidi messi in atto, secondo questa ipotesi, in concomitanza con eventi della storia sociale e politica italiana (la bomba sull'Italicus, la fuga di Licio Gelli dal carcere, l'attentato al Papa, la bomba alla stazione di Bologna…): addirittura scegliendo le vittime in modo non casuale.
Il "nero" pensionato pratese infatti, secondo questa teoria avrebbe scelto per l'omicidio del 14 settembre 1974 a Sagginale Stefania Pettini perché figlia di un partigiano di Vicchio.
Insomma: duplici omicidi messi in atto per mostrare all'opinione pubblica l'incapacità delle istituzioni da un lato e, dall'altro, per distoglierla dalla storia che intanto si dipanava fra terrorismo, scioperi, scontri in piazza.
Una matassa ricca di squallore, depistaggi, che nessuno è mai riuscito a sbrogliare. Una matassa che ha avvinto per decenni la comunità di San Casciano: dai "compagni di merende" al processo all'ex farmacista Francesco Calamandrei per l'allora "filone dei mandanti" (assolto perché il fatto non sussiste).
Di sicuro, in tutta questa storia, c'è solo la morte: di sedici ragazzi, freddati dalla Beretta 22 e violati da macabre coltellate e da una "chirurgia della follia" messa in atto fra scope, cespugli, erba alta.
La morte della gran parte dei protagonisti di questa vicenda, a partire da quel Pietro Pacciani che esalò l'ultimo respiro (anche qui fra i misteri) il 22 febbraio 1998.
# ARTICOLO / Dopo 14 anni sono stati esumati i resti di Pietro Pacciani
E proprio quattro anni fa (il 16 luglio) i suoi resti vennero esumati dal cimitero di Mercatale: senza nessuno che li ha reclamati sono finiti per sempre nell'ossario comunale. Morto dimenticato in mezzo ai morti dimenticati.
di Matteo Pucci
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