TAVARNELLE – Un lungo e approfondito dibattito, coordinato dal vicesindaco di Tavarnelle David Baroncelli, in cui si è parlato di riforme istituzionali, aggregazione di Comuni, rapporto con i cittadini.
E' andato in scena martedì 27 agosto al Parco del Mocale, nell'ambito della Festa democratica: un momento di riflessione che ha messo allo stesso tavolo sindaci, assessori regionali e deputati. Vi riportiamo qui sotto le sintesi degli interventi di ciascuno.
Dario Nardella, parlamentare del Partito democratico
"Il tema delle riforme istituzionali è uno dei più urgenti. Per dire solo uno dei temi collegati a questo, prendiamo ad esempio la disciplina dell'Imu, tutt'oggi nel limbo. E gli enti locali sanno bene quanto invece serva chiarezza in questo senso. E se poi si pensa che c'è chi lega tutto alle vicende di una sola persona (Silvio Berlusconi, n.d.r.), si arriva all'assurdo di quel che stiamo vivendo e sul quale mi auguro che il mio partito dica qualcosa di chiaro e inequivocabile. Intanto si può iniziare a lavorare sulle realtà locali: il futuro vedrà una realtà sovra comunale organizzata attorno alla Città Metropolitana (che vuol dire anche aver accesso a risorse sovranazionali aggiuntive), e un territorio che dovrà organizzarsi in questo senso. A livello nazionale è indispensabili la riforma del Senato: il bicameralismo come è oggi non funziona, il Parlamento così è incapace di approvare delle leggi ordinarie, la strada è quella di un Senato che sia rappresentanza delle autonomie locali, Regioni e Comuni. Sulla Città Metropolitana mi auguro che si trovi un modello valido e funzionante, io ho sempre pensato che non possa coprire un’area superiore a quella provinciale: e sono d’accordo che vadano aboliti i livelli provinciali, ma va fatto rivedendo tutto il sistema. Dovrò capire quali funzioni dovremo dare alle Regioni, ai Comuni, che verranno sempre più spinti ad accorparsi. Spero che su questo il Pd dia una spinta forte in autunno: sul tema delle riforme e del governo locale abbiamo già perso tantissimo tempo”.
Vittorio Bugli, assessore regionale a bilancio, finanze e tributi, riforme istituzionali, federalismo, rapporti con gli enti locali, aree metropolitane e Città metropolitane
E’ inutile prendersi in giro. Se questo Paese non fa la madre delle riforme, che è quella della sostituzione del Senato con una Camera federale, va da poche parti. Un Senato fatto da gente di Regioni e Comuni che dal giovedì al sabato, gratis, va a Roma a legiferare sulle cose che riguardano le autonomie e a esprimere pareri per l’altra Camera su questioni su cui Regioni e Comuni sono coinvolti. Credo che a questo periodo che sta iniziando in Parlamento vada associata un’azione politica del Partito democratico e dei livelli istituzionali della nostra regione, magari associata a movimenti da parte di associazioni e sindacati. Noi non vogliamo la riduzione tout-court dei parlamentari, ma vogliamo un Parlamento più efficiente e collegato con le autonomie locali. Una scelta che vada in direzione di un sentimento popolare, collegata però con il funzionamento istituzionale: la Toscana, che su questi temi è sempre stata avanti, dovrebbe accompagnare il lavoro dei nostri parlamentari e del Governo. Fusione dei Comuni? La Regione dà 250mila euro/anno per ogni Comune che si è fuso e la possibilità di non rispettare il Patto di stabilità per tre anni: la scelta è dei cittadini e non la possiamo imporre, certo che però possiamo stendere un tappeto rosso…”.
Stefano Fusi, consigliere provinciale Pd
“Io credo ci sia anche un po’ di superficialità nel parlare di abolizione delle Province in assenza di una legge di riforma complessiva degli enti locali. Le scorciatoie pagate alla retorica del costo della politica rischiano di fare dei disastri in questo Paese: togliere un mattone a un edificio debole può essere letale. Le Province svolgono funzioni indispensabili: trasporto pubblico, Protezione Civile, istruzione, ambiente, viabilità. E queste dopo chi le svolge? Serve un codice delle autonomie in cui si rilancia il federalismo. Serve una riforma seria, vera, credibile, che funzioni davvero, che rimetta al centro l’ente locale dandogli centralità e risorse. Altrimenti si fa una semplificazione basata sui mal di pancia: se questo Governo dura affrontiamo questo tema in maniera più seria e concertata, partendo dal Parlamento. Altrimenti per dare una risposta maliziosa alla protesta dei cittadini ci si rifà dalla parte più debole. La Città Metropolitana? Si brancola nel buio: a otto mesi da un rinnovo istituzionale, le elezioni di maggio 2014, si va ancora su ipotesi di legge su un futuro ente che deve trovare governance, regole, bilanciamenti, equilibrio fra i territori. Servono invece certezze per il cittadino e per chi oggi gestisce servizi a livello provinciale. A livello locale poi la vera sfida è quella dell’unione dei Comuni, sulla quale serve coraggio: e anche a Barberino e Tavarnelle è indispensabile fare questo passo per avere un peso specifico diverso”.
Sestilio Dirindelli, sindaco di Tavarnelle
“Le riforme istituzionali al cittadino possono sembrare una cosa lontana e invece sono una cosa seria che ha a che fare con la nostra quotidianità. C’è in gioco in funzionamento dello Stato e la democrazia. Sulla riforma degli enti locali partiamo dal numero delle Regioni, superiamo le Province ma capiamo bene il ruolo da dare alla Città Metropolitana. Che però a noi Comuni ai confini qualche preoccupazione la crea, visto che non ci sarà più il ruolo di mediazione della Provincia. Dobbiamo fare di necessità virtù: non si può pensare di presentarsi come singoli Comuni all’interno di questa nuova struttura. Occorrerà rafforzare la collaborazione con gli altri Comuni del Chianti, lo faranno le istituzioni ma deve farlo anche la politica, il Pd. Noi non siamo certo stati a dormire, in questa direzione ci siamo mossi fin dal 2004 con le gestioni associate e poi l’unione con il Comune di Barberino e poi l’allargamento a San Casciano. Ma questo non basta, serve insistere: io credo che per Tavarnelle e Barberino è giunto il momento di fare il passo ulteriore della fusione fra i due Comuni. Per tanti motivi, anche per le risorse che possono arrivare. Io mi auguro che quando ci saranno le elezioni amministrative del 2014 sia l’ultima volta che si vota un sindaco a Tavarnelle e uno a Barberino”.
Fabio Incatasciato, sindaco di Fiesole
“Oggi sono le scarse risorse che spingono anche verso una estrema necessità di riforme. Le poche risorse che ci sono serviranno per rilanciare lavoro e occupazione, per sanare emarginazione, difficoltà a livello sociale. Avremo Comuni con meno soldi, non v’è dubbio. E il poco che è stato fatto, vedi riforma del Titolo Quinto della Costituzione, oggi viene pure criticato. La madre di tutte le riforme è quella che si è detto: questo Governo, che a me non è che piaccia particolarmente, con un grande ministro come è Graziano Delrio ha prodotto un decreto legge in cui dice cosa si farà. Ed è stato fatto sulla base degli errori e delle sciocchezze scritte dal Governo Monti. E' lì si dice cosa succederà qua da noi: ci sarà una Città Metropolitana di Firenze con i confini attuali della Provincia di cui non faranno parte tutti. Chi ha fatto Unione dei Comuni verrà premiato: il presidente dell’Unione andrà in Città Metropolitana a decidere. A Fiesole abbiamo fatto Unione dei Comuni con Vaglia: non facciamo parte di un territorio omogeneo ma abbiamo messo molto volentieri insieme a Vaglia molte delle nostre attività. Questo ci dà possibilità di risparmiare e di pesare di più”.
Giulio Mangani, sindaco di Montespertoli
“I cittadini sono spesso molto più avanti della politica. Siamo in una situazione in cui la crisi ha fatto sì che quella che era l’abitudine, la normalità, la quotidianità di sindaci che potevano dare risposte concrete, si è trasformata. Siamo i sindaci che si sono ritrovati a gestire la situazione peggiore, di una crisi che non è passeggera ma è sistematica. L’esigenza primaria di mettere insieme, di collaborare, nasce anche da qui: le risorse, se torneranno, andranno spese altrove. I bisogni crescono e c’è grande competitività fra i territori. E' una situazione che vede in prima linea i sindaci: dobbiamo avere il coraggio di rimettere in discussione quello che ci deriva dall’abitudine. I confini li ha fatti la storia, non l’efficienza. Su quella si crea lo sviluppo di un territorio: nella competizione abbiamo a che fare con mondi che questi temi li hanno già superati. Un livello decisionale in più vuol dire ridurre la competitività delle imprese, ridurre l’efficacia di ogni singolo euro che il cittadino paga. Un’Unione dei Comuni funziona quando il cittadino non si accorge della differenza rispetto al passato”.
Massimiliano Pescini, sindaco di San Casciano
“San Casciano ha fatto una scelta che nella storia del nostro Comune è unica, non c’era mai stata nemmeno una gestione associata con altri Comuni. Io sono per ampliare la collaborazione anche su altri Comuni del Chianti fiorentino (leggi Greve in Chianti, n.d.r.) e, in parallelo, proseguire anche nel percorso instaurato con i quattro Comuni del Chianti senese. Bisogna cominciare a ragionare di comunità da un lato e di unità amministrativa dall’altro: sono due cose diverse su cui c’è da parlare per un futuro che dobbiamo essere in grado di preparare. Se non vogliamo disperdere nell’insignificanza i nostri territori dobbiamo fare questo percorso”.
Alessio Calamandrei, sindaco di Impruneta
“Sono sindaco da tre mesi, e la cosa che in qualche modo mi ha colpito di più è che noi amministratori facciamo tutti i giorni una battaglia insieme ai cittadini, contro la burocrazia. Io sto partendo adesso per fare la gestione associata di alcuni servizi con il Comune di Bagno a Ripoli, anche perché l’organico di una pubblica amministrazione non è più quello di un tempo. Il mio Comune dovrebbe avere 105 dipendenti secondo la spending review e si ritrova con 93 dipendenti da cui non mi posso schiodare. Poi è chiaro che mi trovo in difficoltà tutti i giorni a poter erogare servizi. E poi basta demagogia: vanno bene tutti i risparmi, ma non ci attacchiamo su quelli dei consigli comunali, della politica locale, perché non è così. L'intero consiglio comunale di Impruneta è costato in tutto il 2012 poco più di 3.000 euro”.
di Matteo Pucci
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