TAVARNELLE (BARBERINO TAVARNELLE) – Andrea Nesi e Giuseppina Brogi (per tutti “la Beppina”): una bellissima storia d’amore (45 anni insieme, di cui tre di fidanzamento e 42 di matrimonio) che si intreccia con l’altrettanto straordinaria storia lavorativa.
Nella fattispecie quella di “Foto Siro”. Uno dei più vecchi di Tavarnelle, il negozio fu aperto da Siro Brogi e poi ereditato dalla figlia, Beppina. Che lo ha gestito prima da sola, poi insieme al marito Andrea. Sempre in compagnia di uno dei loro cani (tutti presi al canile): ora hanno l’affettuosissima Biba.
Lei fotografa: “Per me la fotografia è tutto”, si emoziona. In cinquant’anni di attività ha visto scorrere la storia del paese: faceva le foto ai carabinieri, alle classi (chi non si ricorda il “Ridi, ridi, ridi!” della mitica Beppina?), alle cerimonie e a qualsiasi evento. E ha visto cambiare la fotografia: dai rullini alle digitali fino… alle foto con gli smartphone.
Lui si occupava delle riprese e del montaggio dei “filmini”. Che, insieme alle foto, andavano a costituire l’album dei ricordi di tante, tantissime famiglie del territorio.
Entrambi stavano in negozio a vendere cornici, “rotolini”, e a fare le foto tessere. Nel 1985 hanno iniziato a noleggiare le videocassette. E negli anni Novanta hanno cominciato con la telefonia.

Ma facciamo un passo indietro… .
Andrea è nato nel 1951. Con i suoi genitori e la sua sorella maggiore ha abitato a Lucardo, a San Pancrazio e infine a San Casciano.
Sua mamma era casalinga. Suo babbo ha fatto il guardiacaccia alla Tenuta Il Corno, a San Pancrazio, poi è stato operaio allo Stianti.
“Dopo tre anni di ragioneria – a parlare è proprio Andrea – smisi di studiare, perchĂ© non avevo voglia: avevo parecchi… 3. Non navigavamo nell’oro: i soldi erano giusti per riparare le scarpe e i vestiti. Per cui mi faceva comodo guadagnare qualcosa”.
Così Andrea iniziò a lavorare, da giovanissimo. E ne ha fatti mille, di lavori: è stato in bottega dal Bencini (l’ortolano), in pelletteria da Ovidio, all’ingrosso di una merceria al Mercato Centrale di Firenze, all’auto concessionaria Lastraioli.
Finché fece il militare, alla Scuola Allievi Sottufficiali di Spoleto. E, al ritorno, entrò allo Stianti: qui ha lavorato nell’ufficio spedizioni dal 1973 al 1993.
La Beppina invece è “nata in questa casa (sopra al negozio), “su per i Fitti” (in via Naldini), nel 1954”, dice orgogliosa.
“Ho avuto un’infanzia felice – ci racconta la Beppina – Ero una bambina timida. Stavamo abbastanza bene economicamente: mio babbo era un invalido di guerra. Si fu una delle prime famiglie di Tavarnelle a comprare, nel 1958, la televisione: i vicini venivano da noi a guardare Lascia o raddoppia?”.
La mamma, casalinga, faceva il “lavoro di Tavarnelle” (il Punto Tavarnelle, un ricamo tipico del paese): “Io non lo so fare, ma mi piace tanto”, ci rivela la Beppina. Il babbo prima ha fatto il merciaio insieme al fratello, davanti al cinematografo. Poi iniziò a fare le fotografie.

“Tramite mio zio “Nistorre” (Ernesto Mari) e un suo amico – ricorda la Beppina – mio babbo conobbe Ferdinando Ceccherini, un grande fotografo fiorentino dal quale imparò”.
“In un primo momento stampava in casa – prosegue – Poi, all’inizio degli anni Cinquanta, aprì il negozio “Foto Siro”, dove ha lavorato fino al 1972”.
“Proprio quell’anno lo affiancai – aggiunge – Mi insegnò tutto quello che sapeva. Mi appassionai subito: mentre era all’ospedale per via della malattia (venne a mancare nel 1974, a soli 53 anni), gli portavo le foto che avevo scattato e lui mi indicava dove sbagliavo e come avrei potuto migliorare”.
“Ero una mosca bianca: i fotografi all’epoca erano tutti uomini – ricorda – Con la reflex biottica si potevano scattare solo dodici foto a rullino. Mi venne l’idea di farmi allungare l’asta: così potevo mettere due macchine fotografiche e fare ventiquattro foto”.
Nel 1975 le vite di Andrea e della Beppina si incrociarono: “Siamo tutti guidati da un filo sottile”, dice la Beppina. E da allora i due non si sono più lasciati.
“Ci siamo conosciuti alla Rampa, per Santo Stefano – ripercorre quei momenti la Beppina – A quel tempo si ballava sia di giorno che di sera. Andrea non era mai venuto alla Rampa. Venne di giorno e io non c’ero: ero a fare delle foto a un battesimo a Empoli”.
“Dei miei amici gli parlarono di me, dicendo che ero bellina e simpatica – dice, sorridendo – E lui, incuriosito, tornò la sera per conoscermi. Ci si presentò e si ballò insieme. Era bello anche lui: assomigliava a Roger Moore. Aveva i pantaloni grigi, la camicia bianca, la giacca e la cravatta blu. Io avevo i pantaloni a tubo e i tacchi di 15 centimetri”.
“Infatti la prima volta che la vidi mi sembrava alta!”, esclama Andrea ridendo.
Dopo poco, il fidanzamento ufficiale, a casa della Beppina. “Ora, Andrea, la gente ti ha visto venire in casa”, disse la mamma della Beppina. “E allora si dirà che siamo fidanzati”, rispose Andrea.
Tre anni di fidanzamento e poi, il 6 maggio del 1979, il matrimonio. Celebrato al Borghetto da don Ugo Pini. Davanti a una chiesa piena di gente.
“Ci si sposò di maggio – spiega la Beppina – perchĂ© nessuno si sposava in quel mese: così non avrei avuto impegni. C’era il detto che le donne sposate di maggio sarebbero diventate pazze”.
“Andammo a visitare le grotte di Postumia – anche il viaggio di nozze è stato per loro… indimenticabile – E ci fermò la polizia. Ci scambiarono per una coppia che diffondeva volantini contro il regime di Tito. Ci tennero in questura diverse ore. Poi per fortuna ci liberarono: “Per questa volta passi, la prossima in galera”, ci dissero”.
Poi due grandissime gioie: la nascita di Giuditta, nel 1981, e di Guglielmo, nel 1990. Nel 1993 Andrea iniziò a lavorare dalla Beppina. Imparando il mestiere da zero.
Entrambi in pensione da qualche anno, adesso Andrea dà una mano a Guglielmo, che si occupa del negozio. La Beppina è nella corale Santa Lucia al Borghetto e nella compagnia teatrale “I Rampanti”. E si godono il bellissimo nipotino, Tancredi.
“Il mio marito è uno che ha sempre ragione – dice la Beppina, con la schiettezza che la caratterizza – Io gli do ragione e poi fo come mi pare”.
“La mi’ moglie rompe le scatole – replica lui – Io sono “vivi e lascia vivere”. Lei è “vivi” e basta. Dovrebbe accendere un lume in chiesa una volta a settimana… per ringraziare di avermi sposato”.
“Il segreto di un matrimonio duraturo? – si guardano e ci danno una risposta semplice, ma piena di veritĂ – Tanta comprensione, pazienza e… volersi bene”.Â
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