TOSCANA – “È un primo passo il divieto dell’uso dello smartphone a scuola, ma non basta: questo deve essere un punto di partenza e non di arrivo. Bisogna anche educare, sensibilizzare e informare con programmi di intervento come l’educazione psicologica digitale nelle scuole, altrimenti si rischiano comportamenti alternativi che aggirano il divieto peggiorando il problema”.
A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana e Presidente del Consiglio Nazionale, commentando la circolare inviata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ai dirigenti scolastici, che vieta l’utilizzo dello smartphone per gli studenti delle scuole secondarie.
“Lo smartphone è un importante strumento di connessione, informazione, sviluppo e innovazione – dice Gulino – ma dobbiamo fare attenzione. I dati sanitari longitudinali parlano chiaro sugli effetti a medio e lungo termine corporei, cerebrali, emotivi, relazionali. Lo smartphone rischia di essere ogni giorno di più un dissuasore relazionale: un prezzo troppo alto da pagare sulla salute dei piccoli, soprattutto, e le difficoltà relazionali dei giovani”.
“Vietare l’uso degli smartphone a scuola è una scelta che può favorire gli studenti – continua Gulino – perché a scuola si deve fare scuola: durante le lezioni i giovani dovrebbero potersi concentrare su quello che si sta facendo in classe, e non sulle notifiche continue di un cellulare che distrae e fa perdere la concentrazione. È meglio sorridere al compagno di banco, invece di cercare un like virtuale. L’uso costante e continuo dello smartphone giorno dopo giorno, fa sì che esso diventi come una parte di noi, riempiendo la nostra vita di cose, immagini, connessioni che occupano la giornata e tolgono spazio ad altro”.
“È necessario creare programmi che siano in grado di stimolare e coinvolgere bambini, giovani, scuole, famiglie, insegnanti e genitori – dice ancora Gulino – perché conoscere i fenomeni di cui siamo inconsapevoli riduce i rischi negativi di questi comportamenti. Dobbiamo lavorare su più fronti: alfabetizzazione mediatica e educazione psicologica digitale, sensibilizzazione e iniziative informative rivolte a insegnanti e genitori, interventi sulle piattaforme per aumentare filtri a tutela della privacy e soprattutto della protezione di bambini e giovani”.
“Educazione psicologica al digitale e ai social media – rimarca la presidente – per informare sui rischi e le conseguenze di uso e abuso, su come intervenire per regolamentare il tempo trascorso online e sulle nuove dipendenze digitali, sull’uso consapevole degli algoritmi dei suoi effetti benefici o malefici, sul condizionamento e la manipolazione digitale”.
“È una lunga e indispensabile battaglia per una sana crescita – conclude Gulino –. Dobbiamo costruire e fornire alle nuove generazioni un futuro più libero da like e notifiche, prendendo il buono dalla tecnologia senza diventarne succubi. Ma dobbiamo assolutamente pensare e creare anche l’alternativa: spazi aggregativi e di incontro in cui le relazioni sociali e il contatto con il proprio corpo e la natura ritornino a prendere il posto di quelle fittizie social”.
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