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giovedì 11 Settembre 2025
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    Il Coronavirus e l’isolamento delle persone sorde: il racconto di Dania Nardi. “E quella volta con Papa Francesco…”

    Interprete Lis (Lingua dei Segni Italiana) dal 1999, ha raccontato la sua esperienza a contatto con chi vive questa condizione

    GRASSINA (BAGNO A RIPOLI) – In emergenza Coronavirus la mascherina può diventare anche una barriera insormontabile, in particolare per le persone sorde.

    “Una difficoltà nella difficoltà, che confonde ulteriormente la loro voce già diversa e impedisce la lettura del labiale attraverso la quale insieme alla lingua dei segni passa la loro integrazione. Non capiscono e non si sentono capiti. Un aggravarsi della disabilità che ha generato in loro paura ad uscire e quindi un isolamento ancora più forte”.

    La grassinese Dania Nardi, interprete Lis (Lingua dei Segni Italiana) dal 1999, ha raccontato al Gazzettino del Chianti la sua esperienza a contatto con chi vive questa condizione.

    Dania Nardi

    “In questo momento – dice – la situazione è abbastanza grave perchĂ© le persone sorde, anche in circostanze di normalitĂ , sono portate all’isolamento e rischiano di starsene in disparte. In quanto tali hanno molto piĂą bisogno di stare a contatto con gli altri nella societĂ , integrandosi. E in questo periodo di forzato isolamento tutto questo non è stato possibile; hanno vissuto questa condizione nel peggiore dei modi. Ora poi, con la necessitĂ  di indossare le mascherine, la paura ad uscire si è amplificata”.

    Dania ci mostra alcune mascherine trasparenti che sono state pensate per loro, il cui utilizzo dovrebbe essere anche per gli udenti, in modo tale da consentirne la visibilitĂ  della bocca.

    Oltre che essere un’interprete è da sempre all’interno della scuola come insegnante di sostegno. Quest’anno per la prima volta è stata nominata maestra di due classi prime della scuola primaria “Bucciolini” di Greve in Chianti.

    Oltre alle materie tradizionali ai bambini ha iniziato ad insegnare anche le prime parole della lingua dei sordi: “Dare il buongiorno piuttosto che chiedere di uscire per andare in bagno, perché credo che possa essere un arricchimento e lavorare con loro è meraviglioso e sono bravissimi”.

    Continua Dania: “Se le persone riuscissero a seguire le dieci regole di come si sta con un bambino o un adulto sordo, già sarebbe un passo sociale avanti: guardare la persona sorda negli occhi mentre si parla in modo tale che lei legga le labbra, non urlare contorcendo la bocca, non gesticolare, fare piccole e semplici frasi”.

    Dania ci spiega che normalmente le persone imparano a parlare ascoltando il suono, come una ripetizione di quello che sentiamo. Una persona sorda deve fare uno sforzo enorme per ricordarsi tutte le varie parole, memorizzandole.

    “La lingua dei segni – ci dice – è a tutti gli effetti una lingua, come l’inglese o l’italiano, ed ha delle regole grammaticali sue che sono molto diverse da quelle dell’italiano. Purtroppo in Italia a differenza di altri stati europei ancora non è stata riconosciuta, questo comporterebbe la presenza di un interprete in tanti ambienti migliorando la qualitĂ  della vita dei sordi in termini di integrazione: proviamo a pensare alla difficoltĂ  di un medico nel comunicare ad un sordo una grave malattia. Ci sono circostanze in cui la figura dell’interprete è importantissima, come del resto ci sono negli uffici per le persone che provengono da altri paesi e non conoscono l’italiano”.

    Ci racconta che il mondo oggi tende a vederli come persone che non hanno nessun tipo di disabilità, perché la sordità non si vede, e quindi dovrebbero poter fare tutto come gli altri oppure come incapaci e destinati a non fare quasi niente.

    “Ritengo – afferma – che il bilinguismo sia fondamentale, una persona sorda deve conoscere la lingua dei segni ma anche l’italiano verbale perchĂ© deve essere piĂą possibile autonoma nella quotidianità”.

    Tanto cuore dalle sue parole, che trasmettono una profonda passione per quello che fa: “Dopo le scuole superiori, facendo delle sostituzioni negli asili, entrai in contatto con alcuni genitori sordi a cui non riuscivo a comunicare niente in merito ai loro bambini. Poi in altre occasioni mi trovai a lavorare ancora con i sordi: non riuscire a farmi capire era per me inaccettabile, questo mi portò ad iniziare la scuola per diventare interprete”.

    “La lingua dei segni – prosegue – permette di esprimere anche la parte non concreta dei sentimenti, avendo così un dialogo ed un rapporto diretto con i bambini fin dalla tenera etĂ  e instaurando un legame che poi servirĂ  loro anche per imparare la parte verbale. Questo canale rappresenta un validissimo aiuto per i genitori, purtroppo talvolta il muro piĂą alto per loro è l’accettazione della disabilità”.

    “Ho tradotto poi di tutto – conclude – con grande emozione anche Papa Francesco quando venne a Firenze nel 2015, politici nelle piazze ed alla Stazione Leopolda, dai telegiornali toscani alle riunioni di associazioni di categoria, oltre che corsi di ogni genere come quelli di pittura o per sommelier , dai matrimoni ai funerali”.

    Venti anni di esperienze umane: “Mi sento mezza sorda e mezza udente, sono i miei due mondi dei quali non potrei farne a meno sia dell’uno che dell’altro. Credo di aver più amici sordi che udenti”.

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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