Ventotto dipendenti della Carapelli Firenze Spa rischiano di perdere il lavoro nel giro di due mesi. Venerdì scorso è stata data comunicazione dell'apertura della procedura di mobilità, una doccia fredda anche per i sindacati non avvertiti preventivamente e che adesso chiedono ad alta voce il ritiro del provvedimento.
Carapelli, considerato il marchio leader nel settore dell'olio extravergine d'oliva in Italia, oggi appartiene (assieme ad altre due pietre miliari del settore, i marchi Bertolli e Sasso) alla multinazionale agroalimentare spagnola Deoleo S.A. Presente in Italia con gli stabilimenti Carapelli di Tavarnelle (dove vi lavorano 104 persone) e quelli Bertolli-Sasso di Inveruno, Milano (vi si contano 181 dipendenti).
Il Coordinamento Nazionale del Gruppo, riunitosi a Roma il 22 novembre scorso, ha proclamato una giornata di sciopero, prevista per il 4 dicembre. L'obiettivo è che la procedura di mobilità venga ritirata.
“Ci saranno due scioperi di 8 ore distinti, a Tavarnelle e Inveruno – spiega Davide Bertini, 37 anni, operaio a Tavarnelle e delegato Rsu di Flai-Cgil – qui a Tavarnelle ci troveremo davanti alla Carapelli intorno alle 9 dove faremo un'assemblea, poi ci sposteremo all'ingresso della superstrada, non bloccheremo niente ma faremo un presidio lì davanti”.
Saranno presenti anche il sindaco di Tavarnelle Sestilio Dirindelli che ha già dato l'adesione, e i sindaci di San Casciano e Barberino. “La solidarietà del mondo istituzionale c'è e c'è stata e speriamo che martedì (il giorno dello sciopero) potranno confermarla in prima persona”, continua il sindacalista.
“La richiesta di mobilità per 28 persone, è preoccupante e allarmante – sostiene il sindaco Dirindelli – Per questo motivo noi saremo a fianco dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali e vorremmo anche in un prossimo futuro avere maggiori chiarimenti con l'azienda per sapere quali sono le loro prospettive”.
La protesta per i licenziamenti si inserisce in un contesto di più ampio respiro: la paura più grande per i dipendenti italiani della multinazionale è una e si chiama delocalizzazione. “I segnali che ci arrivano – conclude Bertini – ci fanno pensare che la linea sia stata tracciata e che vada nella direzione di liberarsi degli alti costi dei siti di produzione italiani, tenersi i prestigiosi marchi Carapelli, Bertolli e Sasso, grandi fonti di guadagno, e concentrare la produzione in Spagna”.
Un'operazione che pare probabile per la multinazionale spagnola in piena crisi di debito. A settembre, l'amministratore delegato della società rassicurò i sindaci di Tavarnelle e San Casciano sulla permanenza della produzione in Italia.
“Detto questo – conclude Dirindelli – non siamo tranquilli e ricontatteremo la proprietà che gestisce questa importante azienda per sapere quali siano effettivamente le loro reali intenzioni”.
di Andrea Alfani
© RIPRODUZIONE RISERVATA