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giovedì 2 Maggio 2024
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    Don Razvan Laurescu: andiamo “scoprire” il nuovo parroco di Tavarnelle

    Ha sostituito una "istituzione" come don Franco Del Grosso. Classe 1980, arriva dopo una splendida esperienza parrocchiala e Carraia, Casaglia e Legri

    BARBERINO TAVARNELLE – A inizio settembre, con l’arrivoo di don Razvan Laurescu, si è aperto un nuovo capitolo per la parrocchia dei SS. Pietro e Lucia a Tavarnelle.

    Essendo trascorsi giĂ  tre mesi e mezzo dall’inizio dell’incarico, molti tavarnellini hanno giĂ  avuto modo di conoscere (e apprezzare) il nuovo parroco, arrivato a sostituire una “istituzione” come don Franco Del Grosso.

    Gli chiediamo se voglia fare due chiacchiere con il giornale, per presentarlo “ufficialmente” a tutta la comunitĂ . E, seppure non sia solito parlare di sĂ©, gentilmente si concede.

    Classe 1980, originario della Romania, don Razvan ci racconta di aver maturato la decisione di diventare sacerdote in parrocchia, a quindici anni, facendo il chierichetto.

    Dopo aver frequentato il seminario minore in Romania, nel 2001 è arrivato in Italia, precisamente a Firenze. Dove ha completato la sua formazione studiando teologia.

    Divenuto sacerdote nel 2006, negli ultimi nove anni è stato parroco a Carraia, Casaglia e Legri, nel comune di Calenzano.

    Qui ha dato e ricevuto tanto affetto. E, in costante collaborazione con i parrocchiani, come un’orchestra che segue i cenni del direttore, ha fatto tantissime cose.

    A partire dalla settimana di oratorio per i bambini per arrivare al campo scuola in montagna, solitamente sull’Abetone, insieme ai ragazzi.

    Passando per la Giornata mondiale della gioventù a Lisbona, quest’estate, e il viaggio in Romania nel 2019, a Iași, la città di origine del don.

    “Abbiamo unito l’utile al dilettevole – ricorda quei bei momenti – Abbiamo prestato servizio con la Caritas e abbiamo visitato il Paese, immergendoci nella storia, nell’arte e nei sapori locali. Conoscere una realtĂ  diversa apre la mente”.

    In Romania don Razvan ha tutta la sua famiglia: la mamma, la sorella, il fratello e i due nipoti. Ma in un certo senso anche qua in Italia ne ha una, anzi, più di una: “Nelle parrocchie in cui sono stato ho trovato tante persone che mi hanno fatto sentire come a casa”, ci confida.

    Qualche mese fa il vescovo gli ha indicato un altro luogo in cui ricostruire il suo “nido”, appunto Barberino Tavarnelle, per certi versi simile a Carraia: “A Carraia – dice – si fermavano i carri e i cavalli prima di affrontare la salita verso il Mugello. Tavarnelle era un punto di ristoro sulla via Cassia”.

    Gli chiediamo le sue prime impressioni sui tavarnellini: “C’è ancora timidezza – risponde – Ci stiamo studiando reciprocamente: credo che sia necessario un tempo di conoscenza. Per quel che ho potuto vedere, c’è tanta partecipazione”.

    Anche se è prematuro parlarne, il discorso va su eventuali idee e progetti: “La parrocchia è una famiglia di famiglie – dice – Una realtĂ  in cui tutti dobbiamo capire cosa possiamo dare, perchĂ© non possiamo soltanto prendere”.

    “Inoltre – aggiunge – dobbiamo comprendere qual è la nostra identitĂ , che cosa possiamo dare in piĂą rispetto a quello che possono dare gli altri: partire da GesĂą e tornare in Gesù”.

    Cosa si augura? “Riscoprire il senso di appartenenza e vivere le cose con gioia”, ci risponde don Razvan, con la sua naturalezza e delicatezza.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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