BARBERINO TAVARNELLE – Se n’è andata, all’età di 82 anni, un’altra colonna portante di Tavarnelle: Giulio Sanesi, per tutti “Giulio di Bulleri”, soprannome che aveva ereditato dallo zio.
Era il simbolo di uno dei mestieri di una volta, quelli che purtroppo si stanno estinguendo: è stato fabbro per una vita intera nel suo capannone ai Rovai. Qui ha dato vita a ringhiere, cancelli, testate del letto che erano veri e propri capolavori.
Era anche un punto di riferimento fondamentale nel mondo del volontariato: ha prestato servizio nella Misericordia di Tavarnelle per tanto tempo, insieme a molti altri, come “I’ Roccia”, che ci ha lasciato poco prima di lui.
Nei giorni di festa della Misericordia (e non solo della Misericordia) toglieva la divisa gialloblu e si dedicava ad un’altra attività, che praticava (anche questa) con maestria: faceva un arrosto girato che era la fine del mondo.
Era una delle sue più grandi passioni insieme alla Fiorentina e al trekking: il suo weekend solitamente si divideva tra la partita e una passeggiata nelle nostre campagne, in entrambi i casi con i suoi amici.
Aveva una personalità a dir poco decisa. Era un uomo forte, testardo e a tratti “fumino”. Ma era anche “compagnone” e straordinariamente altruista.
Non si lamentava mai e fino all’ultimo, nonostante vari e importanti problemi di salute, alla domanda “Come va?” ha sempre risposto “Si tira avanti”.
FLORIO CONTI
“Sono stato suo amico sin dai tempi della scuola, anche se non siamo mai stati in classe insieme, perché lui aveva un anno meno di me”, ci racconta Florio Conti, storico sarto del paese al fianco di suo fratello Benito.
“Il suo motto – sorride – era: “Sono democratico ma si fa come voglio io”. Ed era veramente difficile fargli cambiare idea: penso di essere stato uno dei pochi con cui ha ceduto; altre volte ho ceduto io e l’ho lasciato fare come voleva”.
“Il segreto della nostra amicizia? Con lui non ho mai parlato di calcio né di politica – ci confida con schiettezza – perché io la penso al contrario: lui tifava per la Fiorentina, io per la Juventus; lui era del partito comunista, io di destra”.
“E’ stato un bravo artigiano: ha fatto delle rose in ferro battuto spettacolari – ricorda – Da ragazzo lavorava con suo zio, rappresentante delle prime falciatrici, e le riparavano. Poi si mise per conto suo ed incominciò a fare il fabbro”.
“Non solo faceva l’arrosto – sottolinea – ma anche costruiva la macchina per cuocerlo: una me l’ha persino regalata. Quando con il Gruppo Trekking organizzavamo le “Castagnate”, una festa che facevamo in autunno, portava lui l’attrezzo che aveva realizzato: con quello abbiamo preparato anche 40 chili di caldarroste”.
“E’ stato un fondatore del Gruppo Trekking – tiene a dire Florio – l’antenato dell’attuale “Camminare”, insieme a me e Leonardo Consortini, il macellaio”.
“Nel lontano 1981 – dice ancora – avevamo preso l’abitudine di fare una passeggiata a piedi la domenica. Qualche anno dopo, nel 1988, ci venne l’idea di estendere l’invito a tutto il paese attraverso una locandina. Via via si è unita sempre più gente: siamo arrivati ad essere una cinquantina”.
“Una volta al mese facevamo anche una gita fuori porta – aggiunge – O andavamo dalla mattina alla sera verso il mare o facevamo una due o tre giorni fuori regione: siamo stati a Roma, a Mantova, Milano, in Sicilia, sulle Dolomiti… . A Giulio piaceva tanto camminare. Non ha rinunciato a partecipare ai nostri appuntamenti neppure negli ultimi anni, quando la sua salute era peggiorata: rimaneva a bassa quota”.
“Organizzava lui le uscite: chiamava per fissare il pullman e l’albergo. Anche perché così era sicuro che gli andasse bene tutto… – conclude Florio – Poi, durante il viaggio, prendeva il microfono e parlava per un’ora. E a cena non poteva mai mancare il suo… discorsino”.
ANGELO CALAMASSI
“Per me Giulio era come un fratello – la parola passa ad Angelo Calamassi – Lo conoscevo dal 1974, anno in cui mi sono sposato con Ivana, tavarnellina, e da Poggibonsi mi sono trasferito qui. Lo incontrai in paese e da allora non abbiamo mai smesso di frequentarci”.
“Il primo argomento di cui abbiamo parlato è stato la Fiorentina – rammenta – e fino all’ultimo abbiamo condiviso l’amore per la Viola. Ogni domenica ci trovavamo, insieme ad altri amici, nel garage di casa mia e guardavamo la partita. Prima ancora, da giovani, andavamo allo stadio”.
“Era molto critico sul calcio: non gli piaceva l’allenatore, invece a me sì – prosegue – A volte capitava che non ci trovassimo d’accordo, come in questo caso, ma finiva sempre lì. Era anche estremamente generoso. Quando c’era da fare un pensierino a qualcuno del nostro gruppo di “amici tifosi”, era il primo ad occuparsene”.
“Ultimamente avevamo preso un’altra abitudine – conclude Angelo, ripensando a quei momenti felici trascorsi col suo caro amico – Tutte le sere andavamo a prendere un caffè a San Donato in Poggio. Stavamo a chiacchierare con chi c’era e passavamo un paio d’ore in allegria”.
PAOLO NALDINI
“E’ stato volontario dal 1981 – interviene il presidente Paolo Naldini a nome di tutti i volontari della Misericordia di Barberino Tavarnelle – A quei tempi i Confratelli venivano chiamati direttamente da casa o da lavoro al momento del bisogno, nei giorni in cui avevano dato la disponibilità: lui era sempre pronto a lasciare la bottega per dedicarsi agli altri”.
“Ha messo un grande entusiasmo nel suo servizio – evidenzia – Il suo naturale e spiccato impulso all’altruismo lo portava a non comprendere bene chi non aveva la sua stessa sensibilità: qualche volta ci sono state delle incomprensioni con altri Confratelli ma si sono risolte nel giro di poco tempo”.
“Non dimenticheremo mai i suoi arrosti girati che per tanti anni hanno ravvivato le nostre feste – dice, con una certa nostalgia – Nel 2008, in occasione di quello che poi è passato alla storia come “l’arrosto più lungo del mondo”, piazza Matteotti si riempì di gente: erano tutti lì per gustare il suo cavallo di battaglia”.
“Senza voler essere blasfemi, crediamo di aver compreso il disegno divino – riflette – Prima è stato chiamato lassù Alfredo (Checcucci, I’ Roccia, n.d.r.) per preparare il fuoco e la carne e poi Giulio per girarla. Certamente col suo aiuto faranno l’arrosto più buono del mondo”.
Con questa immagine, che vede Giulio e Alfredo riuniti in cielo, Paolo e gli altri volontari dicono addio al loro Confratello, certi di rivederlo in ogni nuvola, come una sorta di fumo della sua “ciccia” sul fuoco.
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