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giovedì 28 Marzo 2024
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    I nostri ragazzi ai tempi della pandemia: il racconto di Angela, 16 anni, da Tavarnelle

    “Il 50% in DAD e 50% in presenza non può funzionare. O facciamo tutto in un modo o tutto in un altro. L'alternanza è stressante". E poi la tristezza, la paura per i nonni, la mancanza degli amici...

    TAVARNELLE (BARBERINO TAVARNELLE) – Come hanno vissuto i quindicenni, i sedicenni questo difficile anno della pandemia? Forse ce lo chiediamo poco, quasi mai.

    Ciascuno di noi ha subito, della drammatica situazione che ci ha travolto, pesanti conseguenze. Sul piano della salute. Economico. Lavorativo. Sociale.

    I giovani e i giovanissimi, in linea di massima, rientrano tra le categorie a minor rischio dal punto di vista sanitario. Ma, come anche i bambini, sono al contempo una categoria fragile, in corso di formazione.

    E per i ragazzi non deve esser stato facile rivoluzionare il modo di vivere la scuola, le amicizie, lo sport. Che sono gli elementi su cui a quell’età si impernia la vita.

    Ce lo spiega bene Angela Corti: tavarnellina, classe 2005, frequenta il secondo anno al Liceo Economico-Sociale a Colle Val d’Elsa.

    “I racconti sugli anni delle superiori che sento dai miei genitori, da mia sorella maggiore, dagli amici più grandi non assomigliano per niente a ciò che sto vivendo”, ci dice Angela. Che, di “liceo normale”, ha fatto solo pochi mesi: da settembre 2019 a marzo 2020.

    Come in tutte le scuole toscane, dall’11 gennaio ha seguito le lezioni per il 50% in DAD (didattica a distanza) e per l’altro 50% in presenza. Un giorno a casa, uno in aula, e così via.

    E ora per lei, come per molti altri studenti, le cose sono cambiate di nuovo: dal 27 febbraio fino al 7 marzo, dato che la provincia di Siena è in zona rossa, Angela farà 100% DAD.

    “Quando è iniziata la DAD – a parlare è Angela – tutti ci illudevamo, speravamo che sarebbe finita presto. Invece è da un anno che siamo in questa situazione. E non sappiamo quando finirà”.

    “Molti professori (non tutti, per fortuna) – racconta – ci stanno riempiendo di cose da fare, perché pensano che in DAD si faccia poco. Quando siamo in presenza, siamo pieni di compiti e interrogazioni: non è facile organizzarci”.

    “Appena comincia la video lezione – comunica in modo schietto, diretto le sue sensazioni – mi sale subito la tristezza, perché si vedono le facce solo attraverso lo schermo”.

    “La spiegazione in DAD non è delle migliori – dice ancora – Attraverso il computer è difficile comprendere ciò che il professore vuole farti capire. E poi non sei motivato a seguire, perché sei a casa e puoi fare quello che vuoi, ti distrai per ogni minima cosa. Come se non bastasse, molti di noi hanno problemi di connessione”.

    “In classe non è come prima – spiega – Siamo distanziati di almeno un metro da testa a testa. Portiamo sempre le mascherine. E non possiamo passarci gli oggetti, se non igienizzati. I professori sono severi nel farci rispettare le regole.”.

    “Man mano che si va avanti, passa la voglia di andare a scuola – e di questo le dispiace molto – Prima ci andavamo anche per socializzare e divertirci, ora ci andiamo solo per studiare. Persino la ricreazione è diventata triste: spesso la passiamo seduti, mangiamo e ci rimettiamo la mascherina”.

    “Secondo me questa storia del 50% in DAD e 50% in presenza non può funzionare – Angela dice la sua – O facciamo tutto in un modo o tutto in un altro. Forse converrebbe rischiare di più e fare tutto in presenza: la DAD non è funzionale quanto la didattica in aula”.

    “L’alternanza è stressante – spiega – E pesante: un giorno sei a casa e devi stare quattro o cinque ore al computer sempre ad ascoltare, il giorno dopo devi andare a scuola a fare esclusivamente verifiche”.

    “E poi non mi sembra che si sia risolto il problema dei trasporti – aggiunge – Ci sono giorni in cui sul bus c’è comunque tanta gente e altri in cui i mezzi sono vuoti”.

    Le chiediamo se pratichi (o praticasse) qualche sport. E lei ci risponde che fa ginnastica artistica: “Abbiamo interrotto per molti mesi, per via delle restrizioni. Da qualche tempo abbiamo ricominciato, nel rispetto delle normative anti contagio”.

    “Oltre che dal punto di vista scolastico, anche sul piano emotivo è difficile – riprende Angela – La sto vivendo molto male, come tutti penso. La mia paura più grande è che i miei nonni prendano il virus”.

    “Per noi adolescenti è dura – Angela lancia un messaggio importanti ai suoi coetanei – Ma è fondamentale che rispettiamo le regole. Anche se pensiamo che siano ingiuste o incoerenti. Anche se alcuni sforzi ci sembrano vani”.

    “Mi manca uscire con gli amici senza preoccupazioni, fare tardi la sera, abbracciare le persone – è un fiume in piena – Mi manca il non avere paura di niente, il non avere regole imposte. Mi manca la normalità”.

    “E’ come se stessi sprecando la mia adolescenza, quelli che dovrebbero essere gli anni più belli – davanti ad una verità così cruda, la voce si rompe – Vivere così è come non vivere”.

    “La pandemia – le parole di Angela, così giovane e così matura, fanno riflettere – mi ha insegnato a non dare niente per scontato. Nemmeno la normalità, perché a un certo punto, all’improvviso, ce l’hanno portata via”.

    “Per fortuna i miei genitori mi stanno vicino – sottolinea – Cercano di farmi capire che andrà tutto bene e che questa brutta situazione finirà. Speriamo presto. Ma, quando finirà, il problema sarà riabituarsi alla normalità…”.

    Angela ci lascia così. Con la consapevolezza che la pandemia non ha “soltanto” stravolto questi mesi della nostra vita. Ci ha segnati per sempre. 

    @RIPRODUZIONE RISERVATA

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