RADDA IN CHIANTI – Venerdì 24 maggio si è svolto il terzo Vignaioli di Radda, un evento che si è ormai consolidato nel panorama chiantigiano, attirando giornalisti ed esperti del settore da tutta Italia (e non solo).
Nell’affascinante scenario del chiostro della Casa del Chianti Classico (in uno dei rarissimi giorni di sole di questa primavera) si sono ritrovate le 24 aziende di cui è composta l’associazione, dando l’opportunità di degustare sia i vini attualmente in commercio sia alcune vecchie annate.
È stata inoltre offerta la possibilità agli interessati di effettuare tour fuoristrada lungo le strade meno conosciute e accessibili, tra i vigneti di Radda, cosa che è assai piaciuta agli ospiti.
Il pomeriggio si è svolto in manierale semplice e non troppo formale, tra un assaggio e l’altro, lasciando a tutti il tempo di godere dei prodotti dei vignaioli, oltre che delle loro spiegazioni.
A dare il meritato accompagnamento al vino ci ha pensato poi Il Bistrot, che ha servito durante l’evento sfiziosità a non finire, dalla pappa al pomodoro al lampredotto.
Sono sembrati particolarmente soddisfatti sia i fruitori che gli organizzatori, poiché è stato un evento che ha chiaramente sancito la solidità e la coesione che contraddistinguono l’associazione nata pochi anni fa.
Proprio quest’aspetto ha voluto sottolineare nel suo discorso il presidente, Roberto Bianchi, sostenendo che “il lavoro di squadra è fondamentale. La forza di questa associazione è la volontà di perseguire un progetto comune pur consapevoli delle differenze che ovviamente esistono fra di noi. Le nostre diversità devono e possono diventare la nostra forza”.
Un concetto che secondo lui vale non solo per Radda ma per tutta la denominazione Chianti Classico.
In chiusura c’è stato anche tempo per assaggiare un vino molto particolare, frutto della fusione dei prodotti di ogni azienda. “Durante una delle nostre riunioni, che in ossequio al nostro mestiere non sono mai completamente sobrie – ha scherzato il vicepresidente Martino Manetti – abbiamo deciso di creare qualcosa che fosse fisicamente fatto insieme. È così che ci è venuta l’idea di unire i nostri vini in un unico solo e sono nate due bottiglie da 9 litri”.
“Questo – ha concluso – è stato ovviamente un esperimento, l’importante era partire con qualcosa che ci unisse anche materialmente. Chissà che in futuro non possa avere ulteriori sviluppi”.
A noi, per quel che vale, l’esperimento-blend… è decisamente piaciuto.
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