La proposta di Governo di qualche settimana fa ha riacceso il dibattito pubblico sulla scarsa natalità del Paese.
Un problema che ci accompagna da diversi lustri e su cui da sempre si dibatte sul modo migliore per intervenire.
Piccolo particolare: il tempo passa e la demografia è un processo che richiede molto tempo per avere degli effetti dal momento che si decide di intervenire.
Ma perché l’argomento è così importante?
L’argomento è importante perché le dinamiche demografiche impattano su molti aspetti della nostra vita tra cui la crescita economica, il welfare sociale ma soprattutto sulle pensioni.
L’urgenza, infatti, è proprio su questo ultimo punto.
Sì, perché il nostro è un sistema cosiddetto a ripartizione; cioè significa che i versamenti dei contributi di coloro che oggi lavorano servono per pagare gli assegni di chi è attualmente in pensione.
In sostanza per ogni lavoratore non avviene un accantonamento reale dei contributi ma solo contabile, figurativo, virtuale e i soldi versati vengono sostanzialmente girati a chi è oggi in pensione.
Le previsioni future sulla popolazione non sono rosee e se consideriamo che servono minimo 9 mesi per concepimento e gravidanza, 4-5 anni per una preparazione alla scuola e almeno altri 10-13 per avere una sufficiente istruzione scolastica, arriviamo ad un totale largo circa di 17-20 anni per avere un minimo impatto sulle pensioni da quando iniziamo a “metterci le mani”.
Non proprio dopodomani… e l’Italia ancora deve iniziare!
Il nostro sistema pensionistico
I più drastici parlano di schema Ponzi ma il sistema, che è stato introdotto con la riforma pensionistica del 1969, ha una sua valenza e funziona perfettamente fino a quando la demografia è stabile o in crescita.
Come si può apprezzare dalla figura sottostante, nell’anno della sua messa in servizio, avevamo circa il 65% delle persone che lavoravano o che potenzialmente lo potevano fare (riquadro verde) a fronte di circa l’11% di coloro che erano in pensione (riquadro rosso).
Da precisare che nei primi anni non tutti percepivano una pensione, soprattutto le femmine.
Spannometricamente c’erano comunque circa 6 lavoratori per ogni pensionato, il sistema era stabile e demograficamente aveva futuro in quanto figli se ne facevano un bel po’ come si vede guardando la base della piramide nelle età 0-4, 5-9 e 10-14.
Il sistema oggi
Come detto il meccanismo inizia ad incepparsi quando il numero di chi versa contributi cala rispetto a chi percepisce una pensione. Ciò, quasi sempre, avviene per ragioni demografiche come nel caso del nostro paese.
La foto ad oggi, infatti, ci racconta una situazione ben diversa rispetto a quella del 1969: la vita si è allungata (facendo aumentare di conseguenza il numero di chi percepisce una pensione), si inizia a lavorare più tardi rispetto a prima e la natalità si è fermata da diversi anni.
Questi cambiamenti hanno portato ad una situazione dove oggi ci sono circa 2,5 lavoratori per ogni pensionato.
Purtroppo, non è finita.
Se consideriamo inoltre che i tanti bambini e ragazzi che nel 1969 avevano da 0 a 20 anni (i cosiddetti boomers) oggi sono da poco andati in pensione o si apprestano ad andarci nei prossimi anni (vedi la “gobba” della figura sotto nelle età 50-54, 55-59 e 60-64) il quadro si tinge ancor di più di grigio.
Cosa ci aspetta?
Il sistema attualmente non è più solido.
Anche se da domani dovesse esserci un boom di nascite (e in questo momento mi sfugge l’eventuale motivo scatenante!) nei prossimi anni il rapporto tra lavoratori e pensionati diminuirà ancora arrivando almeno ad 1,5 lavoratori per ogni pensionato (vedi figura sotto).
Inoltre, se la vita continua ad allungarsi e se si continua ad iniziare a lavorare sempre più tardi questi numeri potrebbero peggiorare ulteriormente.
Cosa si può fare?
Immaginare le pensioni future come quelle di coloro che ci hanno preceduto è pura utopia.
Per evitare il dissesto dei conti pubblici, questi numeri inevitabilmente portano e porteranno qualsiasi governo ad agire sostanzialmente, e più o meno, su 2 parametri:
1 – Ritardo dell’età di pensionamento
2 – Riduzione dell’assegno pensionistico
Per essere sicuri di avere una pensione adeguata al proprio tenore di vita presente e futuro è necessario pensarci in proprio e l’unica vera arma a disposizione per ciascuno è il tempo.
Redigere quanto prima un PIANO PENSIONISTICO è il primo passo per avere un’idea concreta di quali azioni dovranno essere messe in campo nel tempo che abbiamo a disposizione prima che sia troppo tardi per intervenire.
Più che si ritarda e viene rimandata l’azione, maggiore sarà lo sforzo da fare o più grandi le rinunce.
“Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo momento migliore è adesso”. (Confucio)
Biografia e contatti
Umberto Bagnoli è un Consulente Finanziario iscritto all’albo OCF matricola n. 460860.
Oltre alla professione, da anni promuove l’educazione e la cultura finanziaria delle persone attraverso eventi sul territorio. Oggi scrive anche su investireconmetodo.it e sulle omonime pagine Facebook e Linkedin.
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