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martedì 15 Ottobre 2024
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    La conferma: un paziente su tre fra i ricoverati nei reparti Covid, non è malato di Covid

    "Il 34% dei pazienti positivi è ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori". Ma essendo positivo al tampone, deve essere inserito negli spazi-Covid

    ROMA – Fin dall’inizio dell’ondata della variante Omicron, la situazione dei ricoveri per Covid-19 negli ospedali (anche del nostro territorio) era parsa abbastanza chiara.

    Da un lato le terapie intensive, ad altissimo impatto dalle persone non vaccinate e, in quota residua, da coloro sui quali il vaccino (in particolare per problematiche pre esistenti di salute) non riesce a dare risposte immunitarie soddisfacenti.

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    Dall’altro nei reparti di Medicina Covid si assisteva sempre di più alla necessità di ricoverare persone che non avevano problematiche relative all’infezione, ma semplicemente positive al tampone.

    Con una variante così contagiosa infatti, molti di coloro che si presentano in ospedale per i più svariati motivi, risultando però positivi al tampone devono essere collocati negli spazi Covid.

    Se si somma alla minor virulenza (anche se su questo c’è ancora da andare molto cauti) della variante Omicron e al fortissimo impatto nel limitare le progressioni di malattie dovuto ai vaccini, ecco che si è creata questa situazione del tutto diversa rispetto alle ondate precedenti.

    Con tutti i problemi “logistici” che ne derivano, oltre a contribuire a far salire gli indici di occupazione Covid, che sono poi quelli sui quali si basano le restrizioni regionali.

    Questa che era una forte sensazione, ben corroborata dai confronti con gli opera negli ospedali, è stata cerficata ieri anche dalla Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere).

    “Il 34% dei pazienti positivi ricoverati non è malato Covid – dice Fiaso – Non è in ospedale per sindromi respiratorie o polmonari e non ha sviluppato la malattia da Covid. Ma richiede assistenza sanitaria per altre patologie e al momento del tampone pre-ricovero risulta positivo al Sars-Cov-2. Uno su tre, dunque, sia pur con infezione accertata al virus Sars-Cov-2, viene ospedalizzato per curare tutt’altro: traumi, infarti, emorragie, scompensi, tumori”.

    I dati emergono da uno studio fatto da Fiaso sui ricoveri di 6 grandi aziende ospedaliere e sanitarie: Asst Spedali civili di Brescia, Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Irccs Aou di Bologna, Policlinico Tor Vergata, Ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino e Policlinico di Bari.

    In tutto sono stati analizzati 550 pazienti ricoverati nelle aree Covid dei sei ospedali: un campione pari al 4% del totale dei ricoverati negli ospedali italiani. La rilevazione è stata effettuata il 5 gennaio.

    “Dei complessivi 550 pazienti monitorati – prosegue Fiaso – 363 (il 66%) sono ospedalizzati con diagnosi da infezione polmonare. Mentre 187 (il 34%) non manifestano segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus”.

    “Per lo più – continua – si tratta di pazienti arrivati in ospedale o al pronto soccorso per altri problemi e che, al momento del ricovero che prevede il tampone, vengono trovati portatori dell’infezione da Sars-Cov-2 ma senza sintomi di malattia. La diagnosi da infezione da Sars-Cov-2 è dunque occasionale”.

    “Per la stragrande maggioranza di loro – si legge ancora nella nota della Fiaso – il 36% del totale dei ricoverati positivi ma senza sintomi respiratori, si tratta di donne in gravidanza che necessitano di assistenza ostetrica e ginecologica. Il 33%, invece, è composto da pazienti che hanno subito uno scompenso della condizione internistica derivante da diabete o altre malattie metaboliche, da patologie cardiovascolari, neurologiche, oncologiche o broncopneumopatie croniche”. 

    “Un’altra quota – scrive ancora Fiaso – pari all’8%, riguarda pazienti con ischemie, ictus, emorragie cerebrali o infarti. Un altro 8%, invece, è rappresentato da quei pazienti che devono sottoporsi a un intervento chirurgico urgente e indifferibile pur se positivi al Covid. C’è inoltre una parte, complessivamente il 6% del totale, di pazienti che arrivano al pronto soccorso a causa di incidenti e richiedono assistenza per vari traumi e fratture”. 

    “Da sottolineare inoltre la differenza di età tra i due gruppi di degenti positivi – sottolinea ancora Fiaso – I pazienti ricoverati per il Covid sono molto più anziani e hanno in media un’età di 69 anni mentre i soggetti contagiati privi di sintomi e ricoverati per altre patologie hanno in media 56 anni”.

    “Tra i soggetti che hanno sviluppato la malattia polmonare da virus – si legge infine nello studio di Fiaso – risulta vaccinato con un ciclo completo di tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi solo il 14% di contro tra coloro che sono positivi al Sars-Cov-2 ma sono ricoverati per altre patologie è vaccinato con tre dosi o con due dosi da meno di 4 mesi il 27%. In entrambi i gruppi c’è una preponderanza di soggetti non vaccinati o che non hanno ancora fatto la dose booster”.

    “Se si usa come parametro non l’infezione da Sars-Cov-2 ma la malattia da Covid, l’efficacia del vaccino risulta essere molto solida. L’età media di 69 anni, molto più alta nei pazienti che sviluppano la sindrome polmonare, evidenzia come il rischio di malattia si concentri tra i 60 e gli 80 anni; questo dato conferma dunque l’indirizzo del Governo che, attraverso l’obbligo, ha voluto mettere in sicurezza gli ultra 50enni. Resta prioritario il vaccino perché il fattore di rischio più importante, oltre alle comorbidità, resta l’età”, commenta il professor Silvio Tafuri, ordinario di Igiene dell’Università di Bari e coordinatore della control room Covid del Policlinico di Bari, che ha partecipato allo studio.

    “Ci aspettiamo di dover far fronte a un numero sempre più ampio, vista l’ampia circolazione e l’elevata contagiosità del virus, dei ricoveri per patologie non Covid in pazienti che, però, hanno l’infezione – dichiara il presidente Fiaso, Giovanni Migliore – Va riprogrammata l’idea dell’assistenza creando non solo reparti Covid e no Covid, ma è necessario realizzare nuove strutture polispecialistiche in cui sia garantita l’assistenza specialistica cardiologica, neurologica, ortopedica in pazienti che possono presentare l’infezione da Sars-Cov-2″.

    “Occorre pensare a reparti Covid per il cardiotoracico – conclude – per la chirurgia multispecialistica. Per l’ostetricia già in molti ospedali sono state realizzate aree Covid. A Brescia e Bari esistono anche degli ambulatori per la dialisi di pazienti positivi. Bisogna riprogrammare sulla base delle nuove esigenze l’assistenza sanitaria”.

    @RIPRODIZIONE RISERVATA

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