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giovedì 25 Aprile 2024
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    Vi presentiamo la nuova gestione de “La Bottega del Moro” in piazza Trieste, a Greve

    GREVE IN CHIANTI – Il bello di paesi come i nostri, come Greve in Chianti, è che si conoscono tutti: la gente che si incontra e si saluta, le chiacchiere al bar, i bambini che ordinatamente vanno a scuola, a piedi, il mercato del sabato, le botteghe con l’intreccio e la lavorazione del legno d’olivo.

     

    Atmosfere sospese oltre il tempo, dove le stagioni hanno un volto che cambia, dalla bruma che avvolge la campagna d’inverno al sole abbacinante di certi pomeriggi d’estate, campagne assolate e olivi secolari, covoni di grano maturo, un mondo fatto di umanità, ma anche di serenità data dalla natura e il verde che la circonda, fatta di cipressi maestosi, il leit motiv della campagna toscana, e poi olivi, che ti abbracciano, si inchinano, materni e argentei, nella consapevole testimonianza del loro prodotto unico.

     

    Qui c'è Paolo Landini: la passione per l’antiquariato che lo ha fatto vagabondare per il mondo, in una sua intima ricerca del bello, dotato di grande ironia fiorentina, un personaggio d’altri tempi, un signore che, per passione, studia e scopre, ricorda e narra, ricerca e inventa, un padrone di casa dei tempi passati, quando si baciavano le mani alle signore e la buona tavola era un rito.
     

    Ma Paolo e la sua famiglia, la moglie Maria Zita, esperta restauratrice di antichi dipinti e la figlia Diletta sommelier (e il gatto Lupin), tutti appassionati di cucina, scoprono e ritrovano  la trattoria dal nome insolito, "La Bottega del Moro", nelle vecchie stanze dell’ultimo fabbro del paese, in piazza Trieste, per un "fil rouge" fatto di cultura dei valori, atmosfere sospese, cadenzate nella notte dal gracidio delle rane del fiume vicino, muri pieni di storie, candide tende e tavole ombreggiate da alberi imponenti, tavolate di amici, sedie personalizzate dai nomi, cose semplici ma importanti, che solo la vita del borgo ti offre.

     

    "La Bottega del Moro" che racconta dell'ultimo fabbro del villaggio che aveva "bottega" qui e forgiava ferri da cavallo e cerchi per le botti in rovere del famoso Chianti, e la gente del paese lo chiamava "il moro" forse per via della fuliggine nera che copriva il viso.

     

    Come afferma Paolo Landini, “una ricetta non è mai tua completamente, semplicemente, si custodisce. E si tramanda….”. E così nei suoi piatti e nelle sue passioni  ci intravedi sullo sfondo la Toscana, la ricerca di antiche ricette, le storie e i detti, l’olio d’oliva, il farro, la chianina, i piccioni e i conigli e i polli ruspanti, la cacciagione, il rosso festoso del Chianti tutto racchiuso in un habitat senza tempo, sospeso.

     

    Nei piatti semplici di Paolo, mai banali, i profumi che ricordano il tempo senza tempo della memoria dell’infanzia, i dolci di Maria Zita appena sfornati, caldi, preziosi, ricordi, emozioni, ma principalmente si vede in loro la cultura di personaggi che tramandano  la storia e il cibo, il cibo inteso nei ricordi di antiche ricette segrete, legate al territorio e alle raccolte stagionali, ma principalmente inteso come famiglia, usanze, tradizioni, abitudini, ma soprattutto storie di persone, con le quali stabilire un  importante progetto di vita.

    di Redazione

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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