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giovedì 9 Maggio 2024
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    Cinghiali: “Il 90-95% sono di ceppi italiani”. Lupi: “Non si può lasciare che vadano in giro in contesti urbani”

    Con Marco Apollonio, professore ordinario di zoologia al Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università di Sassari, facciamo il punto: e smontiamo la "fake news" dei cinghiali ungheresi...

    CHIANTI – Una “fake news”, che come tutte le false notizie ha una base di partenza vera ma poi uno sviluppo incontrollato e fuorviante, sui cinghiali.

    E parole tutte da leggere per quanto riguarda la questione-lupo, intesa come presenza dell’animale e convivenza con l’uomo.

    La chiacchierata del Gazzettino del Chianti con Marco Apollonio, professore ordinario di zoologia al Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari, è a dir poco piena di spunti interessanti.

    Professor Apollonio, quali sono i cinghiali che troviamo in Toscana? Riusciamo a tracciarne un “identikit”?

    “E’ presto fatto: sono il prodotto della espansione delle popolazioni della Maremma che sono sopravvisute al periodo peggiore; e, parimenti, della re-introduzione di cinghiali con fonti diverse, ma con prevalenza italiane, fatte nel tempo”.

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    Con quali provenienze?

    “Una delle prime fonti era, ad esempio, quella di un allevamento della Forestale a Follonica. Poi ci sono state quelle del Parco di San Rossore, di Castelporziano. Ce lo dice gran parte del materiale genetico che c’è in giro, che è tutto italiano”.

    Quindi quella dell’introduzione massiva di animali di ceppi ungheresi, in particolare a scopo venatorio, come la possiamo definire?

    “E’ vero che sono stati introdotti alcuni animali provenienti da gruppi del centro Europa, ma è componente minoritaria. E’ un qualcosa che parte da un fatto effettivamente successo, ma in misura molto, molto modesta. Si trascura che il 90-95% (anche oltre) delle re-immissioni è stato fatto con cinghiali italiani. Il fatto che siano più prolifici? La riproduzione dipende dalle condizioni di vita: se prendi un cinghiale e lo metti in zone paludose, con poco cibo, rimane piccolo e si riprodurrà meno; se lo metti in zone con più cibo, con maggiore tranquillità, diventa più grosso (perché mangia di più) e si riproduce in modo maggiore”.

    La presenza del lupo ha impattato sulla quantità di cinghiali?

    “Il cinghiale è la preda principale del lupo in Appennino, quindi evidentemente una pressione c’è. E’ però un animale talmente prolifico da sentire meno di altri la pressione predatoria. I caprioli, ad esempio, sono oggettivamente diminuiti”.

    Dal mondo agricolo, venatorio, e comunque dalla comunità locale in generale, ci segnalano cinghiali in branchi sempre più grossi e caprioli in diminuzione verticale: sono segnalazioni corrette secondo lei?

    “Mi sembrano osservazioni di buon senso e reali. I caprioli stanno diminuendo in modo marcato in tutta la Toscana: dividere la causa del lupo da quella della presenza, ad esempio, del cervo, non è semplice. Ma sono diminuiti anche dove non ci sono cervi. I cinghiali in branco sono poi in grado di difendersi molto bene dai lupi. Abbiamo fior di  filmati di lupi inseguiti da cinghiali…”.

    Come prevede il futuro per quanto riguarda il rapporto uomo-lupo nelle comunità locali?

    “Il lupo non è più specie rara e minacciata, ma è specie comune. E ne dovremo iniziare a prendere atto anche nei nostri comportamenti. Come ad esempio evitando la prassi di lasciare il cibo fuori per gli animali domestici: non è proprio il caso di farlo più. Ed è evidente che il fenomeno andrà gestito diversamente dal passato: il principio per cui di lupi più ce n’è e meglio è dovrà essere un attimino rivisto per una reale convivenza”.

    Ci aiuti a capire meglio…

    “Il ruolo del lupo va bene, perché riduce la pressione degli ungulati su agricoltura e vegetazione. Se diventa elemento fisso della fauna urbana non va più bene. E non è una novità, è stato il passato del nostro Paese a raccontarcelo: il lupo ha vissuto in pianura Padana nell’Ottocento. Insomma, in passato l’uomo la convivenza con il lupo l’ha vissuta. E patita. Oggi si tratta di verificare le situazioni critiche e intervenire, lasciar andare è sempre pericoloso. Un lupo che sta nel bosco e fa le sue cose va benissimo, ci sono possibilità infinitesimali di incontrarlo o esserne addirittura aggrediti. Il lupo che va in giro a mangiare rifiuti e entra nei giardini per mangiare i cani, per me non è tollerabile”.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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