PASSO DEI PECORAI (GREVE IN CHIANTI) – “Ricordo quand’ero ragazzo e andavo a scuola a Firenze. Quando passavamo la mattina presto con la Sita davanti al cementificio era sempre tutto illuminato, segno del lavoro delle persone”.
Ricordi, battute, sostegno e tre belle bistecche (due “panzanesi” e una fiorentina) buttate sul fuoco che da tre settimane, ininterrottamente, tiene compagnia ai lavoratori del cementificio di Testi, nella loro battaglia senza sosta per tutelare il loro posto di lavoro.
Con un presidio lungo la SP33 che non viene mai lasciato neanche per un minuto. Segno tangibile del legame diretto fra le persone e quel luogo di lavoro che, malinconicamente, è ormai attivo pochi giorni al mese.
Una battaglia alla quale oggi, lunedì 2 novembre, ha voluto portare il suo contributo anche Dario Cecchini, macellaio a Panzano in Chianti, personaggio che non ha bisogno di presentazioni.
E ha portato, come detto, ciccia, griglie (e anche i cantuccini per dolce). Al fuoco hanno pensato gli operai della Sacci.
“Il braciere – ci spiegano – è qui dall’inizio del nostro presidio, ormai tre settimane fa, è la nostra fiamma olimpica”.
Nessuna novità sul fronte aziendale e sindacale, con l’attesa di un incontro previsto per il 10 novembre. E la sensazione, sempre più corroborata dai fatti, che Buzzi Unicem abbia rilevato il cementificio chiantigiano solo per acquisirne la clientela.
E fra chi è rimasto a dormire la notte nella tenda (“Ero solo, è venuta mia moglie a farmi compagnia” ci spiega) e chi osserva le braci che ardono, Dario Cecchini spiega il motivo della sua presenza.
“Il cementificio – dice – pur con i cambiamenti dei tempi è e deve rappresentare ancora un luogo di lavoro, una certezza per le famiglie di questo territorio”.
“Non a caso – tiene a dire – il territorio sta rispondendo con grande presenza allo sforzo dei lavoratori di stare ogni giorno al presidio: c’è chi porta le lasagne, chi le arance, chi il vino o l’olio. Io non potevo che portare un po’ di ciccia”.
E così, mentre addenta l’osso della fiorentina già sapientemente tagliata, butta lì un’idea-provocazione: “Male che vada si può farci un bel ristorante operaio, in cui i lavoratori si riciclano. Gli spazi mi dicono ci sono: secondo me potrebbero far successo!”.

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