GREVE IN CHIANTI – “Per me fare il vigile del fuoco è stato come giocare una partita a scacchi col destino. Devi pensare veloce e fare la mossa giusta, perché c’è sempre il rischio, di prendere lo scacco matto dalla donna nera”.
Con queste frasi si presenta il libro autobiografico di Gino Cacace, “Quando gli altri piegano le ginocchia”.
Classe ’39, vive a Greve in Chianti con la moglie Giusy, ha prestato servizio nei vigili del fuoco per trentatré anni. Ora, in pensione, si gode i nipoti e gioca a scacchi.
“Ho voluto lasciare una traccia scritta – comincia così la nostra chiacchierata con Gino – perché fare il vigile del fuoco, scrivere e giocare a scacchi, sono sempre state le mie grandi passioni. In 33 anni di servizio ho vissuto, insieme ai miei compagni, tante di quelle avventure, tante di quelle emozioni, che è giusto vengano ricordate e trascritte”.
“Ho organizzato le corse in bicicletta, le partite di calcio – sorride raccontando – Poi un giorno in caserma portai gli scacchi al posto delle carte, per giocare mentre aspettavamo la chiamata o nei momenti di riposo. Cominciammo solo in due, alla fine eravamo più di tredici. Facemmo anche un torneo interno…”.
“Fare il vigile del fuoco non è un lavoro, è una missione – dice con voce ferma, sicura – serve un misto tra coraggio, audacia e voglia di aiutare il prossimo. Il pompiere quando va a soccorrere ha sempre paura. Ma la paura deve vincerla perché deve aiutare qualcun altro, non può farsi sconfiggere”.
Una storia iniziata il giorno della visita per il militare in piazza Cestello: “Una volta usciti, un ragazzo disse: “Ora vò dai Pompieri, provo a vedere se mi prendono loro per il servizio militare”. Non avevo mai pensato di poter fare servizio nei vigili del fuoco, però questa idea mi affascinò”.
“Fin da bambino – ricorda – quando li vedevo passare smettevo di giocare e li seguivo con lo sguardo, immaginandomi sul camion insieme a loro. Anche se intimorito decisi di seguirlo: come lui andammo in 13 e, dopo la visita ed un piccolo esame, ne presero solo tre. Io ero tra questi”.
“In quel momento iniziò la mia avventura – prosegue Gino – 18 mesi di servizio militare, poi circa un anno di servizio discontinuo e nel 1964 vinsi il concorso. Sei mesi di corso a Roma, presso le Scuole Centrali Antincendi. Alla fine, l’1 aprile del 1965, feci il mio primo giorno di servizio da vigile del fuoco. Ricordo ancora l’emozione di varcare il portone della caserma in via la Farina, finalmente ero un pompiere”.
“In 33 anni di servizio ho vissuto mille vite – la voce si fa leggera, perché la mente vaga tra i ricordi – esperienze che è impossibile dimenticare. Fra tutte l’alluvione di Firenze, due terremoti e la bomba in via dei Georgofili. Facevamo turni di 24 ore, perciò condividevamo tutto: i miei compagni erano diventati una seconda famiglia”.
Dopo l’alluvione sono descritti incendi, salvataggi, il lavoro durante i terremoti del Friuli e in Irpinia: “Ricordo che a volte abbiamo scavato e rischiato la vita anche solo per cercare la foto di una persona scomparsa. Quando succede una tragedia del genere e vedi delle persone che hanno perso da poco un loro caro che, piangendo, ti chiedono di cercare quel ricordo, come puoi dirgli di no…”.
I ricordi sono tantissimi: “La soddisfazione di quando siamo riusciti a portare in salvo qualcuno dalle finestre, durante gli incendi. Me ne ricordo sempre uno, in via Maragliano, a Firenze. Al nostro arrivo alla persiana del secondo piano c’era attaccato un ragazzo. Montiamo la scala e salgo: quando gli dico di salire lui comincia a dirmi no, no, prima mia moglie ed il bambino. Allora mi danno il bambino in braccio, piccolo piccolo, neanche di un anno. Mi sembrava di avere in mano una bomba: era avvolto in una copertina, lo strinsi al petto e, nello scendere, ero terrorizzato. Si muoveva ed avevo paura che mi cadesse; per fortuna piano piano riuscii ad arrivare in fondo e consegnarlo ai miei colleghi. Poi risalii a prendere la mamma. Il suo marito, che faceva il muratore, scese da solo lungo la scala”.
“Quando sei in servizio con altre 5 o 6 persone – ci dice – devi affidare a loro la tua vita; e devi essere sicuro che faranno di tutto per aiutarti, proprio come loro sanno che lo farai te. Oltre al servizio diventarono parte integrante della mia vita anche da civile, ci sono stati molto vicini quando è scomparsa mia figlia Sabrina, aveva 31 anni. Sono sempre stati una presenza nella mia famiglia, tanto che anche i miei due figli, Daniele e Rossano, ora sono vigili del fuoco”.
“Quando sono andato in pensione – sottolinea – mi sono detto: perché le mie emozioni non posso scriverle per lasciarle ad altri, per far capire l’importanza di questo lavoro? L’ho fatto solo per i miei amici, invece è stato letto e pubblicato da una casa editrice…”.
“I disegni del libro li ho fatti tutti io – ci racconta ancora con orgoglio – C’è un quadro che rappresenta proprio via dei Georgofili…”.
“Quello che ho scritto – conclude Gino – non basta per dare il giusto merito a coloro che sacrificano la loro vita per aiutare gli altri. Ma è un gesto che ritenevo doveroso, importante. Ancora oggi, quando li vedo passare, mi immagino di essere lì, con loro, sul camion”.
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