PANZANO (GREVE IN CHIANTI) – Sono state tante le parole di conforto e la vicinanza che la famiglia Castellacci ha ricevuto a ormai due settimane dalla scomparsa di Licia, un pezzo speciale della storia di Panzano con il suo alimentari che da oltre sessant’anni accoglieva con cortesia e buonumore panzanesi e visitatori e portava il pane a domicilio.
La sua gentilezza, il suo sorriso, la sua simpatia. Sono queste, insieme a tante altre, le dolci parole con cui la comunità di Panzano la ricorda.
“Insieme al babbo e al nonno – racconta Carlo, uno dei figli – è sempre stata un punto di riferimento per le famiglie, per chi arrivava e per chi viveva a Panzano. La bottega che gestivano insieme da oltre sessant’anni aveva la porta aperta a chiunque in ogni momento”.
Dapprima la costruzione della casa, poi del forno che si è trasformato in un alimentari. Dopo aver costruito tutto interamente con le loro mani, Alfio, il padre e Licia hanno iniziato a portare il pane a Greve e nelle case delle persone, offrendo un servizio indispensabile e aiutando le famiglie in difficoltà.
“Sono state molte le persone che le sono state vicine negli ultimi tempi – racconta Carlo – e altrettante quelle che mi hanno dimostrato affetto dopo la sua scomparsa. Mi hanno toccato le parole e gli aneddoti di chi la conosceva fin da giovane. Così mi sono reso conto di quanto il nostro mondo fosse intrecciato alle vite degli altri e come quei valori su cui la mia famiglia ha sempre basato la propria attività siano difficili da trovare oggi”.
Licia era anche una madre a tempo pieno e una donna che da sempre si impegnava in parrocchia.
Durante la celebrazione delle esequie, fra Eliseo M. Grassi dell’eremo di San Pietro alla Stinche, luogo spesso frequentato da Licia, ha riutilizzato una frase tratta dal Vangelo secondo Giovanni nell’omelia a lei dedicata: anche Licia, come un seme, ha vissuto tutte le stagioni della vita e certo da queste ha tratto frutti e colori unici.
“Nella stagione in cui ha condotto il negozio di alimentari insieme al marito Alfio – ha detto fra Eliseo – ha avuto la possibilità di entrare nel quotidiano delle persone e conoscere molto delle loro vite. Nell’ultima stagione della sua vita, ha invece imparato quanto sia più facile servire che essere serviti, perché il suo corpo, sempre più debole e malato, ha dovuto accettare di essere accudito da altri e lasciarsi amare”.
“Ma il corpo di Licia – ha pronunciato ancora – non ha mai conosciuto l’isolamento e i letti d’ospedale. Anzi, ha vissuto la vicinanza dei familiari fino al momento in cui si è spenta, nel proprio letto, una sorta di “cattedra del dolore” da cui ha impartito la grande lezione della sofferenza umana e dell’amore che ha saputo generare attorno a sé”.
“E come il seme – ha concluso infine fra Eliseo – che necessariamente deve morire per produrre molto frutto, anche il corpo di Licia risorgerà come una bella spiga carica di grano nei campi di Dio”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA