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domenica 24 Agosto 2025
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    Gallo Nero: come difendere un marchio collettivo ai tempi di internet

    Sono passati trecento anni dal primo atto di tutela verso il frutto principe di questa terra, il vino, ad opera del Granduca Cosimo III de’ Medici che promulgò il 24 settembre 1716 il bando con cui furono definiti i confini del Chianti Classico, legando indissolubilmente il vino alla sua zona di produzione.

    Dalla penna e calamaio di Cosimo III gli strumenti di tutela si sono evoluti nel corso degli ultimi tre secoli, fino ad arrivare alla tastiera di un computer.

    Difendere un marchio collettivo ai tempi di internet è un’attività quanto mai delicata, in più e più casi non protetta da normative sovranazionali condivise, a partire dal controllo sui contenuti fino alla registrazione dei domini.

    In quello che per un legale è un mondo le cui logiche sono assimilabili a quelle del Far West, nel 2013 si profilò un ulteriore ampliamento dei già lassi confini di internet: il lancio sul mercato di domini di primo livello a opera di ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), l’ente internazionale che dal 1998 si occupa dell’assegnazione dei domini e della gestione degli indirizzi IP.

    Già responsabile della gestione di 22 domini di primo livello come .gov, .edu, .net, e di altri di livello nazionale, tra cui .fr e .it, ICANN annunciò che altri domini sarebbero stati liberalizzati per dare la possibilità alle aziende di rafforzare il proprio brand, come per esempio .apple, ma anche domini generici come .bike, .clothing e altri. In questa ottica il mondo del vino ha subito riconosciuto nell’immissione sul libero mercato dei domini .wine e .vin, chi un’opportunità, chi una potenziale minaccia.

    Per le denominazioni di origine, in particolare quelle con marchi verbali di grande richiamo, come Champagne e Rioja, rappresentava una partita da non perdere, non solo a livello di comunicazione (la vetrina del web detiene una rilevanza indiscussa nel marketing moderno), ma anche a livello legale di tutela del marchio nei confronti dei non detentori dello stesso.

    Grazie ad un incessante lavoro di mediazione con ICANN, molte denominazioni del Vecchio Continente hanno iniziato un percorso teso a proteggere le produzioni europee tracciando dei nuovi confini digitali: l’acquisizione di un sorta di “diritto di prelazione” sulle estensioni dei domini .wine e .vin che contenessero il nome della denominazione. Il Consorzio, erede dei  principi di Cosimo III, ha intrapreso questa strada per primo in Italia, acquisendo l’esclusiva su alcune estensioni per poi finalizzare all’inizio del 2016 la registrazione di ben 14 estensioni contenenti le parole “Chianti Classico” e “Gallo Nero”.

    Se i contrabbandieri di vino del 1700 si trovarono di fronte le commissioni di vigilanza del Granducato, oggi i pirati del web invece devono fare i conti con il monitoraggio consortile, che ha tracciato anche on line confini netti entro cui l’autenticità del Gallo Nero è protetta.

    (Articolo tratto dal Magazine del Consorzio Vino Chianti Classico)

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL CHIANTI CLASSICO

    Quando si apre una bottiglia di Chianti Classico ci si immerge in una storia che parte da lontano. Nei 70.000 ettari del territorio di produzione del Gallo Nero, uno dei luoghi più affascinanti al mondo. Firenze e Siena delimitano il territorio di produzione.

    Otto comuni: Castellina, Gaiole, Greve e Radda in Chianti per intero e, in parte, quelli di Barberino Tavarnelle, Castelnuovo B.ga, Poggibonsi, San Casciano.

    Un terroir unico per la produzione di vino e olio di qualità; centinaia di etichette garantite dalla DOCG: è vero Chianti Classico solo se sulla fascetta presente sul collo di ogni bottiglia si trova lo storico marchio del Gallo Nero.

    Il Consorzio Vino Chianti Classico conta, ad oggi, oltre 600 produttori associati. In questo spazio racconteremo presente e futuro del vino e dell’olio in questo territorio; storie, strategie, rapporto con il mondo.  Info: www.chianticlassico.com.

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