IMPRUNETA – Il processo inizierà il prossimo 7 marzo: lì il giudice si troverà di fronte Dario Capecchi, l'imprunetino che il 30 giugno dello scorso anno uccise il padre, Osvaldo, e la compagna dell'uomo, Patrizia Manetti.
Partì quella terribile mattina una caccia all'uomo che si concluse lungo l'A1, alle Croci di Calenzano, con Capecchi che appena catturato disse che a dirgli di ammazzare padre e matrigna era stata l'Isis.
Capecchi, difeso dall'avvocato Simona Salamò, si presenterà davanti al giudice con una perizia psichiatrica, depositata a settembre scorso, che lo ha definito completamente incapace di intedere e di volere al momento del duplice omicidio.
Ed è proprio con l'avvocato Salamò che abbiamo fatto una lunga chiacchierata: per chiedere quali le prospettive che si aprono, come ha vissuto Dario questi mesi, se si sia reso conto di quello che ha fatto.
"Adesso è a Sollicciano – inizia l'avvocato Salamò – visti i risultati della perizia psichiatrica depositata a settembre, il cui esito è stato quello di definirlo completamente incapace di intendere e di volere al momento del fatto, ma altamente pericoloso dal punto di vista sociale".
"Il perito – prosegue – ha previsto di sottoporlo alla misura di sicurezza che è il ricovero in REMS (Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza, n.d.r.). L'unico problema è che non ci sono, o non sono sufficienti in Toscana".
"Nell'intera regione – prosegue Salamò – l'unica REMS è quella di Volterra, attualmente piena e con una lista di attesa di circa 20 persone. Prospettive? La sua collocazione in una struttura psichiatrica diversa dalla REMS non è per lui adeguata (ce ne sono anche su Firenze). Siamo in attesa che si liberi un posto, anche fuori regione: ma il problema è che ci sono regioni che non ne hanno neanche una".
"La novità – dice ancora la legale di Capecchi – è che è stato ultimato a Sollicciano, all'interno della struttura, un nuovo reparto psichiatrico che effettivamente ha delle caratteristiche che lo rendono più simile a una REMS che a un istituto penitenziario vero e proprio. Dario è lì da una settimana".
Chiediamo come abbia vissuto dopo quel drammatico giorno di giugno: "Nelle primissime ore e giorni della detenzione venne ricoverato a Ponte a Niccheri: da luglio scorso prende regolarmente e in maniera adeguata la terapia farmacologica che avrebbe dovuto assumere anche prima, e questo lo rende non pericoloso. Io vado regolarmente a trovarlo, senza difficoltà né cautele particolari degli agenti penitenziari. Ora come ora è sicuramente in sé, ha raggiunto una sufficiente consapevolezza di quello che è successo. Si prospetta un lungo percorso all'interno di una REMS".
"Alla perizia psichiatrica – tiene a sottolineare Salamò – non c'è stata opposizione da parte di nessuno: anche i legali delle parti offese non hanno eccepito niente. C'è ancora un processo da fare: noi abbiamo chiesto il rito abbreviato, l'udienza si terrà il 7 marzo. Qui verranno valutate le risultanze della perizia. I familiari sono andati a trovarlo? Alcuni sì".
Chiudiamo chiedendole se si poteva fare qualcosa di diverso. Se lo si poteva seguire in modo più scupoloso. Se quello che è accaduto, forse, a suo modo di vedere lo si poteva evitare.
"Io posso solo dire che ho due dati certificati – conclude Salamò – Capecchi doveva seguire una terapia psico-farmacologica prescritta dal servizio sanitario di psichiatria che lo aveva in carico, lui l'aveva sospesa e il servizio era a conoscenza della sospensione. Forse c'è stata una situazione di calma precedente che ha un po' "tratto in inganno": del resto non c'erano mai stati episodi violenti, nel passato, di aggressione a persone da parte di Dario".
di Matteo Pucci
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