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venerdì 29 Marzo 2024
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    Dopo gli ultimi fatti in piazza Nova lettera-choc di un cittadino: “Un paese di vecchi che sta morendo”

    IMPRUNETA – Una lunga lettera, scritta da chi (Giuseppe Aglietti), da sempre guarda con occhio clinico (e spesso critico) quel che accade a Impruneta.

     

    Parte dagli ultimi eventi che hanno visto esplodere la protesta dei residenti in piazza Accursio da Bagnolo nei confronti dei ragazzi che vi stazionano, che hanno reagisto a suon di scritte sull'asfalto.

     

    Eventi che hanno visto la presa di posizione del sindaco Alessio Calamandrei (che ha definito questi ragazzi "bimbi minchia" scatenando altre polemiche), del gruppo di opposizione Il Coraggio di Cambiare, del Collettivo Giovani Imprunetini.

     

    In questa lettera Aglietti lega gli eventi di cronaca, il degrado, a un lassismo amministrativo. Opinione personale ovviamente la sua, che però merita di essere ben letta per arricchiere un dibattito che, sulla questione, bypasserà sicuramente il mese di agosto… .

     

    Il degrado spazza via ogni illusione che il non far nulla possa garantire un declino confortevole della collettività.

     

    L’inazione non è né saggia né conveniente ma cresce generazioni senza valori o prospettive e abbandona l’ambiente all’incuria pubblica e agli appetiti privati.

     

    E’ il caso di Impruneta la quale mostra tutti i segni del degrado: da fiorente cittadina artigianale e agricola, residenza ricercata,  ricca di arte e ambiente e quindi turisticamente attraente, si è trasformata in una sciatta periferia urbana, mal curata, con strade miserevoli, discariche nei boschi e agli ingressi del borgo.

     

    Campagne ed edifici rurali abbandonati, posteggi insufficienti, arredi e giardini vandalizzati, monumenti chiusi o franati (Rimembranza), traffico pericoloso, caciara alcolica notturna, graffiti e rozzi disegni sui muri.

     

    Il degrado ambientale è l’altra faccia del decadimento sociale. L’economia è moribonda: il cotto è in crisi permanente e affonda in un mare di chiacchiere e di sospetti, gli artigiani emigrano in territori più ospitali, i bottegai chiudono l’uno dopo l’altro non riuscendo a fare sistema, le scuole scendono a valle, molti (o tutti) gli uffici comunali di direzione sono destinati a trasferirsi a Bagno a Ripoli.

     

    Il turismo langue con poche strutture di qualità e senza itinerari museali e paesaggistici. Il deterioramento sociale e ambientale è, in buona parte, frutto di scelte errate o mancate dei politici locali che non hanno saputo interpretare i cambiamenti e si sono rifugiati nella pigrizia, comoda e vantaggiosa per il consenso.

     

    La cultura che potrebbe forse salvare il paese è bellamente ignorata. Il nodo delle scuole impresentabili di Impruneta è infine venuto al pettine ma solo come discussione fra geometri e immobiliaristi oppure come piagnisteo sui disagi del trasporto o sul mancato indotto dei bottegai.

     

    Nessuno che si interroghi se la  scuola com’è ora organizzata sia in grado di provvedere all’educazione morale, sociale e comportamentale dei ragazzi.

     

    Non stupisce che nelle bande di ragazzotti che violentano le notti imprunetine gli impulsi e la gratificazione immediata prevalgano sui sentimenti e sui doveri di convivenza.

     

    Il Comune ha molte responsabilità per aver rinunciato al controllo del territorio, ignorato gli incessanti appelli dei cittadini e per non aver predisposto sostegni ai ragazzi rifiutati dalle loro famiglie disgregate.

     

    E non ci sono segnali di cambio di verso per cui, passata l’indignazione per i recenti misfatti, tutto rientrerà nella a-normalità.

     

    Il declino economico sembra ancor più dipendere dalle scelte o mancate scelte. La paralisi amministrativa causata da debiti eccessivi, da spese correnti debordanti e da una pletorica burocrazia, ha bloccato gli investimenti nello sviluppo del territorio, in ambito turistico e artigianale e non solo.

     

    L’autorizzazione ad aprire un supermercato ai margini del paese seppur inevitabile, non è stata accompagnata dalla costruzione di una circonvallazione che desse vita un centro storico “mercatale” nel quale riconvertire le attività commerciali minacciate di chiusura. Il risultato è stata la quasi desertificazione commerciale del capoluogo.

     

    Ostacoli burocratici agli insediamenti hanno fatto emigrare le attività artigianali verso più ospitali comuni quali Greve.

     

    La politica dell’”albergo diffuso” ha scoraggiato la creazione di più grandi strutture ricettive in grado di creare sbocco occupazionale ai molti ragazzi culturalmente poco attrezzati.

     

    Insomma, le ristrettezze economiche, in gran parte auto inflitte, e le indecisioni politiche hanno privato il paese di giardini pubblici, piste ciclabili e passeggiate nel verde, depuratori, mostre, aree pedonali, monumenti e musei (aperti), zone per il  folklore locale e soprattutto di scuole moderne che dispongano di aree e strutture per la didattica, le attività culturali, musicali, sportive e ricreative.

     

    Tutte cose che ci dovrebbero essere, che ci sono negli altri comuni e che qui  invece mancano.

     

    Un paese di vecchi che morirà con loro. I giovani rimasti imbratteranno le loro tombe con stupidi graffiti e osceni disegni come già fanno sul cimitero delle Sante Marie. Amen.

    di Redazione

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

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